Il futuro del mondo? Non c’è bisogno di lavorare troppo di immaginazione, è l’Africa. Un continente dalle immani potenzialità, ricco di terre rare e che nei prossimi anni raggiungerà il picco di 2,5 miliardi di individui, generando il 3% del pil globale. L’Italia, nella grande corsa al continente africano, non sta certo a guardare. Un po’ per contrastare la devastante avanzata cinese, che fin troppi danni ha cagionato, un po’ per assicurarsi nuovi e proficui accordi commerciali, anche e soprattutto in ottica energetica ora che lo sganciamento dell’Europa dagli idrocarburi russi è quasi compiuto, Roma ha da tempo messo a terra la sua personalissima strategia, che prende il nome da colui che per primo intuì, oltre settant’anni fa, i grandi margini di crescita del continente: Enrico Mattei.Il piano Mattei, concepito e plasmato dal governo Meloni, che lo scorso aprile nel corso del summit a Villa Doria Pamphilj ha sottoscritto con l’Ue accordi per l’Africa per 1,2 miliardi, gioca dunque su un duplice campo. Da una parte la necessità di fare dell’Africa un nuovo hub energetico per l’Italia e per l’Europa, sfruttando la naturale posizione geografica di terminale della Penisola. Dall’altro, permettere al Vecchio continente di fungere da motore per un nuovo sviluppo africano, in grado di garantire al continente indipendenza e autonomia, tenendo a bada le pulsioni predatorie della Cina. Insomma, dare all’Africa quella cassetta degli attrezzi con cui camminare, o almeno provarci, con le proprie gambe, usando come cinghia di trasmissione le imprese.Play maker e architrave del Piano, è Sace, il gruppo assicurativo per l’export del Tesoro, oggi affidata alla guida del ceo Michele Pignotti, succeduto lo scorso agosto ad Alessandra Ricci. E proprio Sace ha organizzato nella sede centrale di Piazza Poli, la seconda edizione dell’Africa Champion Program, il progetto promosso da Sace e realizzato con il sostegno della presidenza del Consiglio dei ministri, del ministero dell’Economia, dell’Industria e del Made in Italy e in collaborazione con Agenzia Ice, Cdp, Simest, Confindustria Assafrica & Mediterraneo e Assocamerestero, con il patrocinio della Farnesina.Ora, di che si tratta? Africa Champion Program è un’iniziativa nata per rafforzare il partenariato economico tra Italia e Africa e accompagnare le imprese italiane che vogliono acquisire conoscenze e strumenti per operare con successo nei paesi prioritari del Piano Mattei e coglierne le opportunità di business. Il progetto, promosso dalla stessa Sace, offre formazione specialistica, strumenti concreti di supporto all’export, dando manforte agli obiettivi del Piano Mattei per l’Africa. Come? Cuore del progetto, un percorso formativo di 20 ore, con approfondimenti che esploreranno otto nuove geografie chiave individuate nell’ambito del Piano Mattei, Tanzania, Senegal, Etiopia, Ghana, Angola, Algeria, Marocco e Kenya, e tre focus settoriali strategici ad alto potenziale per l’Italia: agricoltura, energia e infrastrutture.Guardando ai numeri, dal 2024, anno di avvio del Piano Mattei, Sace ha rilasciato oltre 3 miliardi di euro di garanzie, consentendo la realizzazione di circa 18 miliardi di euro di investimenti e progetti in Africa. Un impegno concreto che ha coinvolto più di 200 imprese italiane attive in filiere strategiche, dall’agroalimentare all’energia, dalla meccanica strumentale alle infrastrutture, fino all’automotive e alla chimica. Ancora numeri. Nel 2024, le esportazioni italiane verso il continente africano hanno raggiunto i 20 miliardi di euro, risultando relativamente stabili rispetto all’anno precedente. Di questi, 13,7 miliardi sono stati destinati ai Paesi del Piano Mattei. Tra i principali mercati di destinazione spiccano quelli del Nord Africa, ovvero Tunisia, Algeria, Egitto e Marocco (tutti e quattro con export vicino ai 3 miliardi di euro), mentre nell’Africa sub-sahariana, emergono Angola, Costa d’Avorio e Senegal. Nel primo semestre del 2025 si osservano segnali incoraggianti, con esportazioni italiane in crescita verso il Senegal, la Tanzania, con tassi di crescita a due cifre, e il Marocco e l’Algeria.Tutto ciò premesso, dopo i saluti del ceo Pignotti, si sono alternati, nell’affrontare le nuove traiettorie di collaborazione tra Italia e Africa, Lorenzo Ortona della presidenza del Consiglio Struttura di Missione Piano Mattei, Fabrizio Lobasso del ministero degli Affari Esteri e Valeria Vinci del Ministero delle Imprese e del Made in Italy. Ma anche Mariangela Siciliano, Head of Education & Connects Solutions di Sace, Laurent Franciosi, responsabile Sviluppo mercati internazionali Cassa Depositi e Prestiti, Marco Cantalamessa, direttore strategia e Innovazione Sostenibile Simest e Patrizia Mauro, direttore Generale Confindustria Assafrica & Mediterraneo.La cifra dei lavori l’ha data però il presidente di Sace, Guglielmo Picchi. Per il quale “l’Africa è un continente che vive profonde trasformazioni economiche, sociali e demografiche, con una popolazione in crescita e grandi opportunità che le imprese italiane devono cogliere”, ha spiegato Picchi nel corso dell’evento a Piazza Poli. “In questa prospettiva si inserisce l’Africa Champion Program con cui Sace conferma il proprio impegno nel promuovere un approccio strategico, sostenibile e di lungo periodo per la crescita delle aziende italiane nel continente africano. Un’esperienza che ci rende particolarmente orgogliosi poiché rappresenta un modello che rafforza la sinergia tra istituzioni e tessuto imprenditoriale italiano, valorizzando il contributo di ogni attore istituzionale con una visione integrata e sistemica”.Più nel dettaglio le valutazioni di Pignotti. “L’Africa Champion Program non è solo un percorso di formazione specialistica, ma offre strumenti e opportunità di business con l’obiettivo di abilitare e supportare la crescita delle imprese nei paesi prioritari del Piano Mattei per l’Africa. Una formula concreta e molto apprezzata dalle imprese che, anche quest’anno, hanno aderito in centinaia. Grazie a iniziative come questa, Sace, in linea con la propria missione istituzionale, si conferma attore fondamentale nell’accompagnare le imprese verso nuovi mercati ad alto potenziale per favorire opportunità concrete di crescita e rafforzare il nostro export, lavorando in sinergia con i partner istituzionali e il Sistema Paese”.Di diplomazia ibrida ha invece parlato Lobasso, già ambasciatore in Sudan, oggi in forza alla Farnesina in veste di direttore centrale per l’internazionalizzazione economica. “Quello attuale è un processo in corso a tutti i livelli, a cominciare dal settore pubblico e privato. Siamo in un tempo di diplomazia ibrida. Le istituzioni, da una parte, e l’impresa, i singoli individui, le associazioni, dall’altra: da soli non saranno mai competitivi come i tempi richiedono”. E dunque, “un esempio vincente sono le missioni di sistema, con a capo il livello politico-istituzionale e con la partecipazione di imprese, associazioni, attori della cooperazione allo sviluppo e tutte le componenti del sistema Italia come Ice, Sace, Simest e Cdp. Un altro esempio limpido è l’avvicinamento tra i mondi della cooperazione allo sviluppo e dell’internazionalizzazione d’impresa. Abbiamo capito che solidarietà, inclusività e profitto non solo sono compatibili, ma entrambi sono il motore della diplomazia della crescita, per non dimenticare la sintesi tra la dimensione dei rapporti bilaterali e l’attenzione ai processi di integrazione africana multilaterale, nel nome di valori inclusivi come dialogo, confronto, equanimità”.