di Enrico Oliari – Italia di Giorgia Meloni (ancora una volta) non pervenuta. Intanto, davanti alla mattanza di Gaza e ai 65mila morti di cui un terzo bambini, monta l’insofferenza nell’opinione pubblica di tutto il mondo, per cui anche i governi di Portogallo, Regno Unito, Canada e Australia hanno annunciato oggi il riconoscimento della Palestina come Stato a tutti gli effetti, con tanto di relazioni diplomatiche ufficiali.Il premier britannico Keir Starmer ha affermato in un video che si è trattato di una decisione voluta per “ravvivare le speranze di pace tra palestinesi e israeliani nel quadro della soluzione a Due Stati”, pur sottolineando che non si è trattato di “una ricompensa per Hamas”, organizzazione terroristica che “non potrà avere alcun ruolo nel governo e che non potrà avere alcun ruolo in generale”. Affermando che “la decisione sarà portata all’Assemblea generale dell’Onu” di settimana prossima, il premier ha rimarcato che “la crisi umanitaria a Gaza ha raggiunto nuove vette” e che l’offensiva di Israele, la fame e le devastazioni “sono assolutamente intollerabili”.Per il primo ministro australiano Antony Albanese “vanno riconosciute le legittime e storiche aspirazioni del popolo palestinese a uno Stato proprio”, anche perché “il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese ha ribadito il riconoscimento del diritto di Israele a esistere e si è impegnato con il governo australiano a tenere elezioni democratiche e ad attuare riforme nei campi della finanza, della governance e dell’istruzione”.Il primo ministro canadese Mark Carney ha offerto la sua collaborazione per la “costruzione di un futuro pacifico sia per Israele che per la Palestina”, e ha rimarcato che “riconoscere lo Stato di Palestina, guidato dall’Autorità Nazionale Palestinese, rafforza l’aspirazione alla coesistenza pacifica e alla fine di Hamas”.Il riconoscimento della Palestina ha indubbiamente un alto valore simbolico e rappresenta una sonora sconfitta per il governo di Benjamin Netanyahu, di Ben Gvir e di Bazel Smotrich (questi pochi giorni fa si è riferito a Gaza affermando che “sarà una miniera d’oro immobiliare”), ma è ancora lunga la strada perché la Palestina possa essere uno Stato con i propri confini, il proprio governo e le proprie leggi. Anche perchè è palese che Hamas e la questione degli ostaggi poco c’entrino con la realtà che vede Israele semplicemente voler buttare fuori i palestinesi impadronendosi della loro terra, tanto che in agosto la Knesset ha votato l’annessione della Cisgiordania e soprattutto non passa giorno che manu militari Netanyahu non rubi territori ai palestinesi per consegnarli agli amici palazzinari.In una reazione attesa il ministro israeliano della Sicurezza nazionale Ben Gvir, che è presidente del partito di estrema destra Potere Ebraico, ha parlato di “ricompensa per gli assassini di Hamas” e ha chiesto al suo governo l’immediata annessione “della Giudea e della Samaria”, cioè della Cisgiordania.In base alle moltissime risoluzioni Onu pregresse, costantemente ignorate da Israele soprattutto grazie al supporto di Washington e alla complicità degli alleati, i confini dello Stato palestinese sarebbero quelli del 1967, per cui ora sarà da vedere se i vari stati che riconoscono la Palestina saranno in grado di reagire (o se solo chiacchierano) al consolidato menefreghismo israeliano: sono infatti 750mila i coloni che già vivono nei territori occupati e usurpati ai palestinesi.Bejamin Netanyahu ha già fatto sapere che “non nascerà alcuno Stato palestinese a ovest del fiume Giordano”: “state dando una enorme ricompensa al terrorismo. E ho un altro messaggio per voi: non accadrà”. Ha quindi ricordato, in un’evidente retorica di sfida, che “nonostante enormi pressioni interne e internazionali abbiamo raddoppiato gli insediamenti ebraici in Giudea e Samaria, e continueremo lungo questa strada”. “Si tratta della nostra risposta all’ultimo tentativo di imporre uno Stato terrorista”.Parafrasando il “definisci bambino” di Eyal Mizrahi, sarebbe da chiedere al premier israeliano: “definisci terrorista”. Giulio Andreotti disse, intervenendo nel 2006 in Senato: “Credo che ognuno di noi, se fosse nato in un campo di concentramento e non avesse da cinquant’anni nessuna prospettiva da dare ai figli, sarebbe un terrorista”.