La prima festa dei giovani meloniani dopo lo scandalo di Fanpage. Fenix tra Charlie Kirk e il derby di Roma

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E’ stata la Fenix di Charlie Kirk e del post-Fanpage. L’attivista americano “era pericoloso perché era bravo a spiegare quanto fossero irragionevoli alcune tesi che vogliono imporci a forza”, ha detto Giorgia Meloni dal palco della festa della giovanile del suo partito, Gioventù Nazionale, che si è conclusa oggi dopo quattro giorni, al laghetto dell’Eur, a Roma. Il discorso della premier ha affrontato quasi esclusivamente temi di politica interna, dal lavoro alla lotta alla mafia: “Abbiamo creato un milione di posti di lavoro, la maggior parte dei quali a tempo indeterminato”. Ha difeso i militanti dall’inchiesta che due anni fa portò alle dimissioni di alcuni dei vertici della giovanile, che ha voluto segnare una cesura rispetto al passato, come ci ha spiegato Francesco Todde, responsabile di Gn a Roma: “Il nome di questa edizione, ‘Senza Filtri’, si ricollega all’inchiesta con cui siamo stati sbattuti in prima pagina, che non racconta minimamente quello che è il nostro percorso, la nostra storia. Non siamo un movimento estremo, siamo all’interno di un partito. Le mele marce sono state allontanate subito”. Meloni dal palco ha dunque fatto quadrato intorno ai suoi giovani: “Il vostro impegno pulito e disinteressato è pericoloso per alcuni. Servivate a colpire un obiettivo più grande, e chiaramente quell’obiettivo ero io”. Ed è tornata sulla linea di attacco degli ultimi giorni: “Nessuno dei moralizzatori che hanno riempito le pagine di commenti su di voi ha detto mezza parola sull'ignobile post pubblicato dai sedicenti antifascisti che esibiva l'immagine di Charlie Kirk a testa in giù con la scritta -1. Una minaccia di morte. Non ci facciamo fare la morale da questa gente”.  La premier ha citato le parole di Roberto Saviano sull'attivista americano, già attaccato un anno fa dalla leader di FdI nel discorso conclusivo di Atreju. “Pensano che la vita di chi la pensa come loro valga di più. Una diapositiva non della sinistra italiana, ma di quella mondiale”, unico riferimento del suo discorso alla dimensione internazionale. Ma nel corso dei quattro giorni in altri dibattiti di politica internazionale si è parlato molto.  “Se un nazionalista indù come Modi finisce nelle mani di Putin e della Cina comunista, dobbiamo fermarci un attimo”, ha detto Marco Minniti, ex ministro dell’Interno del governo Gentiloni, mentre dal pubblico Arianna Meloni faceva partire, proprio su queste parole, l’applauso dei militanti. La festa dei giovani ha ospitato spunti di riflessione più vivaci dell’ortodossia del partito. E sono arrivate anche alcune critiche a Trump sul suo comportamento dopo la morte di Charlie Kirk. “Sono molto deluso dal fatto che il presidente americano se la sia presa con alcuni comici, come Jimmy Kimmel, sta prendendo per me una strada profondamente sbagliata”, ha detto Giuseppe Cruciani sabato dal palco, raccogliendo l’applauso dei militanti nel pubblico. “Ogni censura è sbagliata, la libertà di stampa, di critica e di satira deve essere sempre garantita”, ha commentato al Foglio Italo Bocchino sabato sera dopo un dibattito su Gaza.  Kirk è stato ricordato in più occasioni. Durante il dibattito di Ignazio La Russa venerdì sera, con un minuto di silenzio mentre sul palco c’erano l’ex ministro Gennaro Sangiuliano e il senatore di FdI Lucio Malan, con due striscioni esibiti dai ragazzi di Gioventù Nazionale. Proprio nelle stesse ore uno striscione con il volto dell’attivista trumpiano veniva esibito anche dai giovani della Lega alla festa del partito a Pontida. E mentre Roberto Vannacci diceva “Siamo noi gli eredi di Kirk”, a Roma poco prima dell’intervento di Meloni Lorenzo Cantalupi, uno studente romano che un anno fa aveva avuto uno scambio con Kirk durante uno dei suoi dibattiti, lanciava la sfida: “Dobbiamo fare un turning point (il format dell’attivista americano) anche in Italia, anche in Europa, io spero che tutti noi ci impegneremo per ricordare quest’uomo”.  “Non avevamo paura quando ci ammazzavano con una chiave inglese”, ha detto la premier ricordando Sergio Ramelli, “non abbiamo paura oggi”. Un'affermazione che è stata definita “un paragone shock” da Davide Faraone, vicepresidente di Italia Viva: “Tra Pontida e l’Eur, Meloni Vannacci e Salvini sembra una gara a chi sbraita meglio, il derby del sovranismo”. Un derby, decisamente non politico, ha invece vivacizzato il backstage di Fenix. Lazio-Roma è cominciata pochi minuti dopo il discorso della premier. Fabio Roscani, presidente di Gioventù Nazionale, che è intervenuto subito prima di Meloni, è stato scherzosamente avvisato da un’attivista di lunga data di FdI: “Sbrigati che c’è la partita”, e la premier ha concluso il suo discorso dicendo: “Finisco perché non vorrei finire come Fantozzi con la radiolina”. Qualcuno sul prato indossava le magliette delle due squadre, pronto a partire per lo stadio dopo il discorso della leader di FdI. “Domani non ci sto che ho lo stadio”, abbiamo sentito dire a un attivista sabato pomeriggio. Gn aveva valutato di proiettare la partita sul maxischermo, ma sarebbe stato troppo complicato, hanno spiegato alcuni attivisti.