La vita come un romanzo Russo. Se ne è andato, Roberto Russo, dopo aver fatto con Monica Vitti quel che la primavera fa con i ciliegi, e le altre stagioni pure. Sarebbe sbagliato circoscriverne la vita, e dunque sigillarne la morte, all’accudimento, alla protezione, alla conservazione della diva di cui, ricambiato, s’era innamorato. Perché Roberto Russo, morto poco prima di compiere 78 anni, che aveva sposato la Vitti nel 2000 dopo lungo fidanzamento, che l’aveva tenuta nel mondo ma non del mondo fino, e oltre, il 2 febbraio del 2022, ha esaudito il titolo che un pucciniano Fabrizio Corallo ha scelto per il suo bel documentario, Vitti d’arte, Vitti d’amore (2021, lo trovate su Rai Play).Creazione e sentimento, una cosa sola sin dal titolo che distingue il regista, premia l’attrice – alla Berlinale – e battezza su schermo quel romanzo Russo: s’intitola, meglio, si vuole Flirt. Nel 1984 gli vale il David di Donatello per l’esordio, e sottilmente, indefettibilmente prende in carico quel che Monica, attrice e compagna, comportava: nella storia di una coppia di mezza età che l’immaginazione – anche depressione, e per i nostri fini immaginario – dell’uomo rende un ménage à trois avallato e quindi invalidato dalla donna stessa.Russo la ridirige in Francesca è mia (1986), sceneggiato da entrambi con Vincenzo Cerami, e ancora vocato e devoto all‘amour fou. Spartiti, per entrambi, d’autore, prima Francesco De Gregori, con il mini-LP La donna cannone, poi Tullio De Piscopo, si va con Russo per una ars amandi esclusiva ma non elusiva, iniziatica ma inclusiva. Nel 2023 l’ha circumnavigata Roberta Torre, con Mi fanno male i capelli, che mutua il titolo dalla celebre battuta dell Vitti in Deserto rosso di Antonioni. “Ho l’impressione di scordarmi ogni giorno qualcosa”, dice Vitti al Mastroianni de La notte, ancora di Antonioni, e lì, di fronte a quella scena vista in tv, la Monica della brava Alba Rohrwacher incomincia a identificarsi con i personaggi incarnati dall’altra, celebre Monica.Stare al gioco, questo labile e pericoloso, tocca a Edoardo (Filippo Timi, mooolto in parte), che Monica la ama profondamente, fino alla (di lei) follia, fino a spartirla con i Mastroianni, Delon e Sordi con cui Vitti divise lo schermo. La notte, L’eclisse, Deserto rosso, Teresa la ladra, Amore mio aiutami, Polvere di stelle, le pellicole acquisiscono carne e spirito, interloquiscono, rimpiazzano, sì, vivono – e con esse Roberto, non rifatto ma rifratto da Edoardo. Costumi citazionisti con garbo di Massimo Cantini Parrini e musiche – il suo più grande successo, In the Mood for Love di Wong Kar-wai, echeggia malandrino – di Shigeru Umebayashi, Torre concede poco alla verosimiglianza e infinitamente alla residenza e persistenza della finzione nella realtà, e persino nella verità. Non crediamo che abbia visto – nel 2023 si era ammalato – Mi fanno male i capelli, ma sappiamo cosa Russo abbia fatto, uguale e contrario, negli anni passati accanto a Vitti. Ha custodito – il primo privilegio: l’immagine – l’attrice, ha amato la donna, ha inverato sé stesso. I funerali martedì alle 10.30 alla Chiesa degli Artisti.@fpontiggia1L'articolo Addio al regista Roberto Russo – La vita con Monica Vitti, il David di Donatello vinto con Flirt: il ritratto proviene da Il Fatto Quotidiano.