Riarmo, l’effetto collaterale è l’inquinamento: nei prossimi 10 anni produrrà più di mille milioni di tonnellate di CO2

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Aumentare la spesa militare dei trentadue Paesi della Nato al 3,5% del Prodotto interno lordo, nell’ambito di un più ampio obiettivo per la sicurezza del 5% del Pil per ciascun paese membro, rischia di generare 1.320 milioni di tonnellate di anidride carbonica equivalente nel prossimo decennio. Quanto emesso in un anno da Brasile, il quinto maggiore emettitore al mondo. È il risultato a cui giunge un’analisi di 11 studi accademici recenti, che hanno cercato di stimare l’impatto degli aumenti delle spese militari sulle emissioni di gas serra. Si tratta di un lavoro condotto dell’organizzazione britannica Scientists for Global Responsibility e coordinato dal ricercatore Stuart Parkinson. Ma la strada è segnata più che mai, come si evince anche dalle parole pronunciate nelle ultime ore da Mario Draghi che, un anno dopo la presentazione del rapporto sulla competitività europea, durante la conferenza di alto livello con la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, alza il tiro: “Il confine tra economia e sicurezza è sempre più sfumato”. Nel frattempo il piano sul riarmo è diventato “Readiness 2030”. Solo che prestiti e flessibilità concesse ai Paesi che potenziano le spese militari avranno conseguenze. Anche sulle emissioni e, quindi, sul clima.Il riarmo produrrà oltre mille milioni di tonnellate di Co2 in 10 anni – Quelle previste dallo studio di Scientists for Global Responsibility sono emissioni prodotte da fonti dirette, come aerei da combattimento e navi da guerra, ma anche da emissioni indirette derivanti dal trasporto di attrezzature e dalle catene di approvvigionamento globali. Per ogni 100 miliardi di dollari aggiuntivi di spesa militare, infatti, viene calcolato che le emissioni annuali globali di gas serra aumentano di 32 milioni di tonnellate di anidride carbonica equivalente. L’aumento previsto, tra l’altro, si aggiunge a quello di 200 miliardi di dollari tra il 2019 e il 2024, che ha già aumentato l’impronta di carbonio militare della Nato di circa 64 milioni di tonnellate di anidride carbonica. Altri aumenti pianificati, secondo lo studio, potrebbero portare a un ulteriore aumento di circa 132 milioni di tonnellate di anidride carbonica, più di quanto emesso in un anno dal Cile. Ergo: la corsa agli armamenti non potrà che avere un ruolo fondamentale nel mancato raggiungimento dell’obiettivo climatico fissato a Parigi del 2015, ovvero limitare il riscaldamento globale a 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali.Le difficoltà nelle stime e la ricostruzione delle cifre del riarmo – Nello studio si chiariscono le difficoltà di calcolo nelle stime, ricordando i limiti incontrati anche da altre analisi. Un esempio è il report sull’impronta di carbonio della guerra a Gaza (e delle operazioni militari legate al conflitto in Libano, Iran e Yemen) pubblicato a luglio 2025 e firmato da ricercatori di università britanniche e statunitensi. Le emissioni totali stimate, collegate direttamente alla guerra arrivavano a quasi 1,9 milioni di tonnellate di CO2, ma i ricercatori avevano calcolato anche quelle prodotte dalle attività collegate alla guerra, ossia nelle fasi di preparazione al conflitto, della guerra e della ricostruzione di Gaza, arrivando a un totale di oltre 32 milioni di tonnellate di anidride carbonica equivalente. Come in quel caso, uno dei principali limiti – ricordato anche dall’organizzazione britannica – è dovuto al fatto che i dati sul comparto militare sono segreti e gli Stati non hanno l’obbligo di riportare le relative emissioni. Va ricordato che, però, stando agli ultimi dati disponibili, già nel 2019 la spesa militare in tutto il mondo rappresentava circa il 5,5% delle emissioni globali, una percentuale a cui va aggiunta quella legata ai gas serra derivanti dalle guerre vere e proprie e dalla ricostruzione post-bellica. Significa che già prima del conflitto in Ucraina, il settore pesava più dell’aviazione e del commercio navale messi insieme.L'articolo Riarmo, l’effetto collaterale è l’inquinamento: nei prossimi 10 anni produrrà più di mille milioni di tonnellate di CO2 proviene da Il Fatto Quotidiano.