Avete un giardino? E se sì, come lo tenete? Siete di quelli che tagliano l'erba ogni tre giorni per impedirle di superare il centimetro di altezza e avere così un pratino perfettamente curato? Oppure buttate manciate di semi a terra e aspettate di vedere cosa viene fuori?Il fatto che esista questo dubbio dovrebbe essere sufficiente a dimostrare che non tutti amano la natura allo stesso modo, e ora uno studio della North Caroline State University lo certifica su basi scientifiche. Pubblicato su HortScience, si concentra sul legame tra la cosiddetta biofilia (cioè l'apprezzamento e l'amore per la biodiversità) e i giardini urbani, dimostrando che la passione per la natura e la biodiversità non è un tratto comune tra gli esseri umani, ma una questione di carattere.. Le differenze tra giardini. Per quanto ordinati e gradevoli da vedere, i giardini domestici che vengono costantemente "rasati" e nei quali non viene lasciato crescere neanche un fiore non sono particolarmente efficaci nel promuovere la biodiversità: ci sono poche specie vegetali (se non una sola), e di conseguenza anche gli animali li frequentano meno. Al contrario, nei giardini più caotici e meno curati la biodiversità è più alta, perché ci sono abbastanza elementi diversi da riuscire a creare una piccola rete trofica. Presi singolarmente, dice lo studio, i giardini più naturali non cambiano il mondo, ma se diventassero sistemici potrebbero avere un impatto.Non tutti, però, sono disposti a sacrificare il loro prato e a dare il benvenuto a cespugli, arbusti e le cosiddette "erbacce". Il team della NCSU ha sottoposto più di 2.000 persone da tutti gli Stati Uniti a un sondaggio, incentrato proprio sul loro gradimento per i giardini "selvatici": la prima risposta che è emersa dall'analisi dei dati è che la biofilia non è una caratteristica comune, ma un tratto del carattere: c'è chi ce l'ha e chi non ce l'ha (e ovviamente ci sono tutti gli stadi intermedi).. Ricchi e poveri. Questo significa che, anche sapendo che i giardini naturali sono più "biodiversi" di quelli curati, non tutti sono disposti a dire di no al prato rasato e ad abbracciare il caos. E non è solo questione di carattere, ma anche di classe sociale: l'affinità maggiore per la biodiversità è emersa nelle famiglie a reddito basso, mentre i ricchi tendono a preferire i loro giardini ordinati e puliti – una conclusione che ha molto sorpreso gli autori dello studio, che si aspettavano l'esatto opposto.Ovviamente, come detto, ci sono diversi gradi intermedi tra i due estremi ("amo i giardini selvatici", "odio i giardini selvatici"). Secondo gli autori dello studio, è essenziale riuscire a identificare con una certa precisione chi sia chi: si può in questo modo agire in maniera più mirata, per esempio quando si tratta di proporre progetti legati ai giardini urbani – perché se il target è più ricettivo, i progetti funzionano meglio..