Alaa Abdel Fattah è libero. L’attivista egiziano, simbolo della rivoluzione del 25 gennaio 2011, era in carcere dal 2019. La grazia del presidente al Sisi, che ha preso il potere con un colpo di stato nel 2014, è arrivata questa mattina. “Non riesco a credere che ci riprendiamo le nostre vite!” ha dichiarato felice la sorella, Sanaa Seif, alla notizia della liberazione del fratello.“Vogliono che io sia così oppresso da diventare invisibile” aveva dichiarato Abdel Fattah nel 2019, dopo un ennesimo arresto. Ma Al Sisi è stato solo l’ultimo presidente d’Egitto a incarcerare Abdel Fattah, di cui si registra il primo arresto nel 2006, sotto la presidenza di Hosni Mubarak, quando prese parte ad una protesta in cui si chiedeva una magistratura indipendente.In quella occasione, passò 45 giorni in carcere. Ma è nel 2011 che Abdel Fattah si fa notare, grazie alla sua attività di ingegnere informatico, volta allo sviluppo di software e siti per bucare la censura governativa. Prende parte alle manifestazioni indette in piazza Tahrir e diffonde, attraverso i suoi blog, le notizie di quello che avveniva nel paese. “È in molti modi il sinonimo di quella che è la rivoluzione del 25 gennaio” scriverà Al Ahram, uno dei quotidiani storici egiziani, dopo la fine dell’era di Mubarak.Quella di Abdel Fattah è una storia di opposizione a tutti i sistemi. Nel 2013, sotto la presidenza di Ahmad Morsi, primo presidente eletto democraticamente nel paese, morto poi in carcere all’avvento di Al Sisi, è nuovamente arrestato. Venti poliziotti sfondano la porta di casa e confiscano computer e telefoni. L’accusa? Aver organizzato una manifestazione contro il potere costituito. Non c’è pace, nè per l’attivista, nè per i suoi famigliari. Sua sorella, Sanaa Seif viene condannata a tre anni di carcere. La madre, Laila Soueif, comincia uno sciopero della fame.Tutto cambia ancora. C’è un’altra giravolta, in Egitto. I fiori della primavera araba, piazza Tahrir, sembrano svanire quando la giunta militare, guidata da Abdel Fattah al Sisi, prende il potere. Il generale al Sisi si autoproclama presidente. La censura diventa stringente. Alaa finisce in carcere. Entra e esce. È un personaggio scomodo che parla con il mondo. Nel febbraio del 2015 viene incarcerato: “ha diffuso notizie false”. La sentenza è di cinque anni. Esce nel marzo del 2019 con la condizionale. Ma a settembre viene rinchiuso. Farà la spola di prigione in prigione, finendo nel 2022 in quella di Wadi al-Natrun: un complesso carcerario per oltre 20mila detenuti. “Il più grande carcere del paese” avevano annunciato le autorità.Circondato dal deserto; costretto a condizioni igienico sanitarie terribili, Alaa era riuscito a far uscire alcuni suoi scritti pubblicati in simultanea in molti paesi europei. “Non siete ancora stati sconfitti” era il titolo di una raccolta di saggi andati in stampa nel 2021 – in italia da Hopefulmonster, traduzione di Monica Ruocco. Poi il silenzio. Come ci ha abituato il governo egiziano su tanti casi di incarcerati o morti, Giulio Regeni fra tutti. La madre di Abdel Fattah, negli ultimi dieci mesi in sciopero della fame, ogni mattina si è fatta trovare fuori dal Foreign Office a Londra, chiedendo un aiuto al governo inglese per la liberazione del figlio. Fino a quando, dopo aver perso oltre il 40% del peso corporeo, era stata ricoverata.Oggi è finito l’incubo per Alaa. Non sappiamo per quanto però. Nè sappiamo con esattezza quanti Alaa ci sono nelle carceri di un paese che usa la tortura e i maltrattamenti contro i detenuti, come denunciato da moltissime organizzazioni internazionali.L'articolo Egitto, Alaa Abdel Fattah torna libero: il presidente Al Sisi concede la grazia al dissidente che si è opposto a tutti i regimi proviene da Il Fatto Quotidiano.