Flotilla, la vita sospesa in attesa della partenza e l’aiuto dei pescatori e dei ragazzi di Porto Palo

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Ci scrive un’amica: “Siete ancora a Porto Palo? Ma cos’è una vacanza questa Flotilla?”. Non proprio. Siamo qui da domenica 14 ad aspettare le barche dalla Tunisia, poi per garantire a quelle messe peggio le dotazioni che mancano e la cambusa per partire. Qualche bagno ce lo siamo anche fatto, ma insomma, da giorni siamo confinati in barca, l’acqua dolce è poca e quindi ci si lava in mare. Noi peraltro ci siamo spostati dalla piccola Ghea a Otaria, un’altra barca a vela lunga poco più di 12 metri e un po’ più comoda, e quindi c’è pure molto da fare: sistemare le attrezzature veliche e quanto servirà per almeno 10 giorni di navigazione verso Gaza, testare gli strumenti e l’impianto elettrico sovraccaricato per la connessione con i satelliti di Starlink, assicurarsi che tutto funzioni o ripararlo come si può. Ancora stamattina, venerdì 19, su Otaria a meno di due ore dalla partenza fissata per le 10 si combatte con una batteria che non carica abbastanza.Non è che in questi giorni siamo andati a terra quando e come volevamo o magari a fare un giro qui intorno, che sarebbe anche gradevole. Non possiamo fare come ci pare. C’erano solo tre gommoncini per le 16 barche partire da Augusta con 150 persone a bordo e almeno due si sono pure rotti. Così se è necessario si chiede aiuto ai pescatori o ai ragazzi di Porto Palo, lo fanno soprattutto per solidarietà e simpatia ma qualcuno anche giustamente non lo fa gratis. L’altra mattina per andare a terra a fare alcuni acquisti abbiamo chiamato Peppe, stava facendo dei lavori a casa ma si è prestato gentilmente. “Prima però passate su Luna Bark a prendere un’altra persona”, ci scrivono su Signal. Qui si fa tutto su Signal. “Ok”. Luna Bark è ancorata un po’ più in là, ci andiamo col gozzo di Peppe. A poppa pronto a scendere c’è un ragazzone con un secchio in mano: è Surya, mezzo indiano e mezzo arabo ma per fortuna col passaporto australiano. “Che devi fare a terra? Che ci fai con quel secchio?”, chiediamo. “Devo andare a prendere sabbia, chiedi per favore dove posso trovare sabbia pulita”, risponde Surya indicando il pescatore, che non parla inglese. Richiesta bizzarra. “Si ok, ma che ci fai con questa sabbia?”. “Motivi religiosi, a bordo i musulmani non possono mangiare perché le pentole e i piatti sono stati usati anche per la carne di maiale, quindi bisogna pulirli con la sabbia, ma deve essere pulita, dove posso trovarla?”. Una volta a terra Peppe li ha accontentati e ha pure chiesto a un suo paesano, Michele, di portarci in paese. Porto Palo è a un chilometro dal porto e in macchina si fa senz’altro prima.Esaurite le nostre commissioni ci riporta giù Santino, un altro pescatore che ha l’età della pensione. “Dovete fare attenzione, al primo colpo degli israeliani mi raccomando, tornate indietro”, si raccomanda. Hanno fatto tutti i training non violenti, alla prima raffica si gira la prua e si torna indietro. La Global Sumud Flotilla vuole rompere l’assedio a Gaza, spingere i governi a intervenire di fronte a una crisi umanitaria terribile che si aggrava di giorno in giorno con l’occupazione militare avviata da Israele negli ultimi giorni, una guerra chiamata genocidio perché si combatte anche affamando i civili, donne e bambini. Nessuno ha la vocazione al martirio. Santino insiste: “Fate bene, ma state attenti”. E da pescatore esperto ci dispensa i suoi consigli: “Oggi e domani c’è grecale forte, conviene aspettare sabato, fuori troverete anche un’onda vecchia da ponente”. Hanno deciso partire oggi, con tutto che è venerdì, dopo giorni di discussione. Riunioni su riunioni. Nessuno giura sulla partenza alle 10.L'articolo Flotilla, la vita sospesa in attesa della partenza e l’aiuto dei pescatori e dei ragazzi di Porto Palo proviene da Il Fatto Quotidiano.