Gino Cecchettin al Festival di Open: «Filippo Turetta? Dovrebbe farsi studiare per capire come disinnescare quella violenza» – Il video

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«Il mio impegno è iniziato fin da quando ho avuto la certezza che non avrei più rivisto Giulia. Mi sono detto: non voglio che ci siano altri genitori che vivano quello che ho vissuto io». Così Gino Cecchettin, presidente e fondatore della Fondazione Giulia Cecchettin, ha aperto il suo intervento al Festival di Open a Parma, intervistato in piazza Garibaldi dalla vicedirettrice di Open Serena Danna. Cecchettin ha raccontato il proprio percorso personale di fronte al dolore, trasformato in impegno civile. «È un percorso di convivenza con le donne – ha spiegato – dove scopri che il modello con cui sei cresciuto è zoppo. Hai bisogno di piangere, di vivere le emozioni della vita. Ringrazio le donne della mia vita. La vicenda di Giulia mi ha fatto fare uno step ulteriore: gestire le emozioni, conoscere la violenza di genere. I processi di cambiamento non sono mai repentini. Quando certi tipi di cultura sono radicati, ci vorranno anni. Quando non si fa educazione su alcune materie, si rischia di ricommettere sempre gli stessi errori».La giustizia riparativa negata a TurettaIl cuore dell’azione della Fondazione, ha spiegato Cecchettin, è l’educazione: «Ci siamo dati come obiettivo principale quello di portare formazione nelle scuole e nelle aziende, per arrivare anche alle famiglie, più difficili da raggiungere. La violenza di genere è talmente radicata che richiede un processo lungo di cambiamento. Non è una lotta tra maschi e femmine, ma contro comportamenti tossici del maschio. Tutti i maschi dovrebbero sentirsi femministi». Sul tema della giustizia riparativa, Cecchettin ha precisato: «Ci credo, ma dev’essere un percorso autentico, che parte dalla reale consapevolezza di aver sbagliato. Non può essere una richiesta frettolosa, come quella arrivata a un mese dal processo di appello per il femminicidio di Giulia: mi sono sentito preso in causa nel momento sbagliato». Cecchettin ha poi nuovamente condannato anche l’aggressione in carcere a Filippo Turetta: «Non ha senso parlare ai ragazzi di un mondo virtuoso e poi sentirsi appagati per un gesto di violenza. Non ci sarà mai nulla che allevierà il mio dolore, ma io voglio un mondo dove la violenza non esista».Studiare i carneficiAccanto alla testimonianza personale, Cecchettin ha sottolineato l’importanza di ascoltare, oltre le vittime, anche chi ha commesso violenza: «Se non ascoltiamo chi ha commesso l’atto, rischiamo di perdere l’opportunità di capire qual è stata l’emozione che lo ha mosso in quel momento. Perché ha compiuto quel gesto? Le sue parole e le sue azioni possono avere un grande valore, anche se chiaramente coadiuvate da un percorso psicologico o psichiatrico. Lo potrebbe fare anche Filippo: dare gli elementi agli studiosi per capire come poter disinnescare le persone che in quel momento lì agiscono in quella maniera».L'articolo Gino Cecchettin al Festival di Open: «Filippo Turetta? Dovrebbe farsi studiare per capire come disinnescare quella violenza» – Il video proviene da Open.