Oggi entra nel vivo l’ottantesima sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ed è bene sottolineare che il futuro dell’Onu passa necessariamente dalla ricerca della verità per la morte di Mario Paciolla e di Luca Attanasio, quest’ultimo assassinato insieme al carabiniere di scorta Vittorio Iacovacci e all’autista Mustapha Milambo.Nessuna credibilità potrà mai ri-fondarsi nella opacità di una istituzione inventata all’indomani della fine della seconda guerra mondiale per garantire pace mondiale attraverso il negoziato e progressivamente liquidata in maniera sempre più spudorata dalla immarcescibile, odiosa, avidità di élite contrapposte per smania di potere. A scanso di equivoci, io sono radicalmente convinto della necessità di ogni strumento giuridico e prima ancora politico-culturale che favorisca il rispetto reciproco, il dialogo, la mediazione: amo tutto ciò che è stato prodotto in tal senso nei primi dieci anni successivi all’inferno scatenato dai nazionalismi del primo Novecento. Su tutto l’art. 11 della nostra Costituzione repubblicana, che in un sol colpo riesce a sintetizzare in maniera formidabile il “no” alla guerra, “ripudiata” (loro pensavano una volta per tutte!), col “sì” alla cooperazione sovranazionale.Oggi l’animosità bellicosa finanziata e armata da chi vede nella pace, nei diritti, nei processi negoziali soltanto inutili ostacoli al profitto ha messo nel mirino tutti quei prodotti di “resurrezione”: i “neri”, servi fedeli di questa causa, a casa nostra attaccano la Costituzione repubblicana, minando l’indipendenza della magistratura, mentre mandano bacetti all’ambasciatore di Putin (acclamato profeta della divisione liberale dei poteri), mentre i “neri” da cui dipendono sul piano internazionale fanno strame del diritto umanitario internazionale, colpendo chi come Francesca Albanese denuncia la meccanica infame del genocidio e non chi il genocidio commette.In questo scenario, per capire quanto siamo ormai prossimi alla “mezzanotte” del conflitto finale, basta evocare le parole del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha recentemente paragonato l’attuale situazione a quella dell’estate del 1914. Si può ancora fare qualcosa per tirare il freno? Bisogna provare, la storia sentenzierà.Tra le prime cose da fare per tirare il freno c’è la necessità di iniettare dentro le istituzioni, che presidiano quel che resta del diritto internazionale, una dose massiccia di autorevolezza e questa non può che fondarsi sulla dura verità che è la prima forma di giustizia. Così si torna al punto di partenza: nove mesi separano la morte di Mario Paciolla (luglio 2020) da quella di Luca Attanasio (aprile 2021), mesi tormentati dalla pandemia, mesi nei quali Mario e Luca, con ruoli diversi, davano la vita per i diritti umani, sotto le bandiere delle Nazioni Unite. Mario Paciolla per l’Onu impegnato in Colombia a monitorare il processo di smilitarizzazione interno; Luca Attanasio, ambasciatore italiano in Congo, impegnato (anche) a verificare il funzionamento del PAM (il Programma mondiale per l’alimentazione delle Nazioni Unite) nel cuore dell’Africa.Di Mario Paciolla è stato detto che si è tolto la vita (come per Peppino Impastato, insomma), ma soltanto un imbecille o un corrotto potrebbe sostenerlo ancora oggi col cumulo di evidenze messe insieme da chi ha voluto indagare. Tuttavia la Procura di Roma, non ritenendo di avere elementi sufficienti per procedere, ha chiesto di archiviare il suo caso, che potrà essere riaperto in futuro naturalmente. Sulla vicenda Attanasio pende il rischio di archiviazione. Su entrambe le vicende, come per Giulio Regeni, come per Andy Rocchelli, si è scatenato il fuoco del depistaggio, con una spudoratezza che offende intelligenza e memoria: dopo l’assassinio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin e tutto quello che da lì abbiamo imparato, come diavolo si fa ancora a giocare la carta del “tentativo di sequestro andato male” (come appunto è stato fatto per Attanasio)?In Parlamento giace una proposta di legge a prima firma Marco Sarracino per la istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla vicenda Paciolla: servirebbe eccome! E forse si potrebbe dedicarla alle due vicende insieme: Paciolla e Attanasio. E’ successo infatti nella storia del nostro Paese, che una Commissione di inchiesta adoperando bene i propri poteri sia riuscita a fornire alla magistratura elementi preziosi, utili a riaprire le indagini. E’ successo che una Commissione d’inchiesta sia riuscita ad offrire alla pubblica opinione una ricostruzione storica veritiera. E’ successo anche il contrario, certamente. Ma la democrazia è un rischio da correre, non un film da commentare.Se ne facessero carico anche i parlamentari che compongono la delegazione italiana di questa settimana di rilevanza centrale alla Assemblea generale delle Nazioni Unite: il vicepresidente della Commissione Affari Esteri e Difesa del Senato, senatore Roberto Menia, il senatore Alessandro Alfieri e i deputati Vincenzo Amendola e Salvatore Caiata.Molte realtà associative come Articolo 21 e Libera stanno lavorando in tal senso, sempre convinte come Yitzhak Rabin, primo ministro israeliano assassinato nel 1995 da un colono ebreo estremista di destra per aver sostenuto gli accordi di Oslo, che: “Cinque anni di negoziato sono sempre preferibili a cinque minuti di guerra!”. Appunto.L'articolo Il futuro dell’Onu passa dalla ricerca della verità per la morte di Mario Paciolla e di Luca Attanasio proviene da Il Fatto Quotidiano.