Ci sono pagine di letteratura, anche scientifica, che raccontano del valore evocativo delle canzoni, della loro capacità di far penetrare concetti impastandosi di musica e conquistando con le sonorità e l’impatto concettuale la parte emozionale di noi. In genere, seguendo la tradizione lirica italiana, si tratta dell’ingresso emotivo di pezzi di sentimento simbolicamente rappresentato, in cui è facile riconoscersi sul filo della rima baciata “cuor/amor”. Ma ci sono anche brani di forte impatto civile. “Forse” compie sessant’anni una canzone di straordinaria potenza emotiva scritta e musicata da Francesco Guccini, all’epoca studente di Lettere e non ancora iscritto alla Siae. Il titolo è Auschwitz nota anche come La canzone del bambino nel ventoe venne pubblicata dall’Equipe 84 nel 1966, anche se il primo abbozzo del brano fu uno schizzo su un foglio di quaderno nel 1964 ed è probabile che la stesura finale risalga proprio a sessant’anni fa (di qui il “forse “iniziale). Ma la cifra tonda è essenzialmente un problema di marketing, che tocca le case discografiche in fase di autocelebrazione a fine di rilancio di qualche vecchia hit: a noi basterà ricordare che quella canzone, politica nel senso alto del concetto, parlava di Olocausto e di bambini “passati per i camini” nei campi di concentramento tedeschi, fortemente influenzata dalla lettura di due opere: Il flagello della svastica, un saggio di Lord Russell (1955) e Tu passerai per il camino, romanzo autobiografico del partigiano Vincenzo Pappalettera,(1965). Ne fecero diverse versioni, italiane e straniere: a parte lo stesso Guccini, una inarrivabile con la voce possente e drammatica di Augusto Daolio, il front-man dei Nomadi.Forse avrebbe senso riascoltare oggi quel brano, ricontestualizzandolo con i drammi di oggi e collocandolo nella Striscia di Gaza, dove altri bambini muoiono di fame, di malattia, di guerra, persino schiacciati nella corsa verso una ciotola di riso che scende col paracadute in mezzo alle macerie. E non per registrare la tragica ironia della storia che vede i bisnipoti degli internati nei campi di concentramento mettersi dalla parte sbagliata, ma solo per ricordare a noi stessi che la Storia non riesce mai ad essere una maestra di vita. Il testo val la pena di rileggerlo:“Son morto con altri cento/Son morto ch’ero bambino/Passato per il camino/E adesso sono nel vento/Ad Auschwitz c’era la neve/Il fumo saliva lento/Nel freddo giorno d’inverno” Quel freddo evocato da Guccini non ha solo a che fare con la meteorologia: è un freddo che gela il cuore, come quel silenzio assoluto, compatto, dopo l’incenerimento: “Adesso sono nel vento/Ad Auschwitz tante persone/Ma un solo grande silenzio”. E poi, quasi un urlo strozzato in gola: “Io chiedo come può un uomo/Uccidere un suo fratello/Eppure siamo a milioni/In polvere qui nel vento/In polvere qui nel vento” E ancora:“Ancora tuona il cannone/Ancora non è contento/Di sangue la belva umana/E ancora ci porta il/vento/Io chiedo quando sarà/Che l’uomo potrà imparare/A vivere senza ammazzare/E il vento si poserà”Il popolo ebraico ha un posto speciale nell’immaginario della civiltà moderna perché incarna le piaghe del genocidio, della strage di innocenti, dell’inermità esposta alla violenza senza fine della “belva umana”: è a partire da quegli orrori esplosi con la Seconda guerra mondiale che il mondo ha concepito i diritti umanitari, le costituzioni che rispettano la dignità umana, ripudiano la guerra e mettono al centro l’uomo. Dunque, dobbiamo anche al sacrificio dei milioni di ebrei trucidati dai nazisti la consapevolezza del mondo moderno sulla pace e sul suo mantenimento. Perché, allora, il suo governo smarrisce questo patrimonio reputazionale immenso macchiandosi di azioni così atroci contro il popolo palestinese nella Striscia di Gaza? Mattarella ha ricordato bene, formulando l’augurio presidenziale in occasione del capodanno ebraico, i valori fondanti della Repubblica Israeliana, basati sulla convivenza e sul rispetto reciproco, auspicando nella comunità nazionale una profonda riflessione “a beneficio della comunità nazionale ed internazionale”. Più modestamente offriremmo a quella comunità nazionale il ricordo di questa canzone che parla dei bambini ebrei uccisi ad Auschwitz, che somigliano a tutti gli innocenti uccisi dalle guerre, compresi i bambini di Gaza.