“Noi abbiamo deciso di metterci la faccia e i nostri corpi, con la nostra preghiera. Ci rendiamo conto che le parole non bastano, la neutralità non è una scelta. Di fronte a un genocidio come quello di Israele a Gaza, significherebbe giustificare l’oppressore. Ma noi come preti e sacerdoti crediamo che Cristo si identifica con chi soffre, con chi è povero ed è oppresso. Vogliamo essere voce di chi non ha voce“. Pietro Rossini, portavoce della Rete dei “Preti contro il genocidio”, spiega così la scelta di mobilitarsi a Roma, nello stesso giorno in cui tante piazze si sono riempite in tutta la penisola tra scioperi e cortei.Un centinaio i preti e frati che hanno partecipato all’iniziativa, ma oltre mille sono coloro che hanno firmato l’appello e aderito alla neonata rete. C’era anche Padre Alex Zanotelli tra coloro che hanno sfilato tra le strade della Capitale, per un corteo di preghiera che è partito dalla chiesa di S. Andrea della Valle ed è arrivato fino ai palazzi del potere, di fronte a Montecitorio, con canti, preghiere e cartelli.“Siamo in piazza perché oggi quello che mi preoccupa è il silenzio delle comunità cristiane, l’indifferenza. Oggi è crollato il diritto internazionale, ognuno fa quel che vuole. E chi ne paga le spese è il popolo palestinese massacrato. Anche noi come Chiesa dovevamo dare un segnale”.Tra coloro che sono scesi in piazza in molti chiedevano una “pace disarmata e disarmante” e “Stop alle bombe”. Mentre spiccava il cartello “Christ dead in Gaza”, “Cristo è morto a Gaza”. Rispetto alla posizione della Santa Sede, la Rete dei preti contro il genocidio evita le polemiche, dopo che era stato lo stesso papa Leone XIV a prendere le distanza dalla parola ‘genocidio’, utilizzata e confermata invece da una commissione indipendente Onu: “Non c’è alcuna contrapposizione tra noi, sono convinto che bisogna partire dal basso”, ha spiegato Zanotelli. E non era il solo: “Noi dal basso vogliamo dire la nostra. In un’ottica sinodale, si possono avere idee diverse, ma siamo concordi. Papa Leone XIV ha detto nell’Angelus che ‘non c’è futuro basato sulla violenza’. E questo per noi basta”, spiega il fondatore della rete, Don Rito Maresca. C’è chi riprende le parole di Papa Francesco: “Il nuovo Papa e la Santa Sede non si esprimono ancora? Bergoglio aveva già preso posizione su questo. Il magistero di un pontefice, anche se defunto, è valido ancora. E noi su quello ci ispiriamo”. Mentre altri evitano contrapposizioni: “Non c’è discontinuità tra i due Papi. Certo poi ognuno ha il suo stile”, spiega un altro sacerdote. In tanti però auspicano un gesto forte di Leone XIV: “Se auspico che possa sfidare il genocidio con il proprio corpo a Gaza, recandosi con il patriarca di Gerusalemme Pizzaballa? Si, me lo aspetto”, c’è chi spera. E la rete stessa rivendica maggiore coraggio: “Il Papa capisca l’importanza di ogni sua parola e ogni suo gesto“.Se c’è una certezza, invece, è la condanna unanime dell’inazione e della complicità dei governi e dell’Occidente: “La parola che fa più male è ipocrisia. Oggi noi ci mettiamo la faccia, mentre la politica sembra fare la forte con i deboli, e la debole con i forti”.L'articolo Preti contro il genocidio, il corteo a Roma: “Ci mettiamo la faccia, la Chiesa è lenta, ma arriva” proviene da Il Fatto Quotidiano.