Montepaschi all’86% di Mediobanca. Eredi Del Vecchio primi soci, seguono Caltagirone e il Tesoro

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Il Montepaschi alla fine è arrivato all’86,33% del capitale di Mediobanca. Si è chiusa così, con un risultato ben al di sopra delle aspettative, l’offerta senese sulla banca d’affari fondata da Enrico Cuccia benedetta dal governo. A questo punto si fa più probabile il ritiro dal mercato di Piazzetta Cuccia e la fusione con Siena, con le attività di banca d’affari, private banking e gestione patrimoniale che potrebbero essere concentrate sotto il brand Mediobanca. Anche se il tutto costerà a Siena più del previsto, con assai poco entusiasmo da parte di chi ha ancora davanti agli occhi i salvataggi della banca toscana a spese dei contribuenti. Il risultato finale, poi, riduce le quote dei maggiori azionisti del Monte: la Delfin degli eredi Del Vecchio si ritrova con il 18%, Caltagirone con l’11% (che andrà ridotto sotto il 10% per questioni autorizzative), il ministero dell’Economia con il il 5% e Banco Bpm con il 2 per cento.Del resto alla fine hanno aderito all’offerta anche i suoi principali detrattori: l’ad di Mediobanca Alberto Nagel, il presidente Renato Pagliaro e il direttore generale Francesco Saverio Vinci che avevano bollato l’avanzata senese come “contraria agli interessi” della banca, “priva di razionale industriale e finanziario” e “distruttiva di valore”. Pagliaro in particolare ha consegnato a Siena un milione di azioni Mediobanca, pari alla metà del suo pacchetto di performance share, Nagel 364mila azioni, pari a poco più del 10% dei suoi bonus azionari, e Vinci 263mila azioni, pari a poco meno del 20% del suo stock di titoli. Per quanto paradossale, però, la loro cessione è dettata da ragioni puramente di trading, cioè non legate a un ripensamento, ma al tentativo di far fruttare al massimo il pacchetto di azioni Mediobanca che ha già portato nelle loro tasche circa 90 milioni di euro al lordo delle tasse e che, agli attuali corsi, potrebbe portarne altri 50-60. Nagel, Pagliaro e Vinci sono infatti convinti che il Mps, a causa delle incertezze sull’esito della scalata, abbia sottoperformato negli ultimi mesi rispetto al comparto bancario e che ora, alla luce del largo successo dell’operazione, possa recuperare terreno, grazie al pieno utilizzo dei crediti fiscali e a un’integrazione più spedita. Insomma, questioni spicciole che segnano ulteriormente la differenza tra gli epigoni di Cuccia e il loro mentore o il suo delfino Vincenzo Maranghi, che lasciò via Filodrammatici da signore.Questioni contabili a parte, l’attenzione del mercato e della politica adesso si sposta sul destino delle Generali, la partecipazione più importante della preda milanese. Una partita che apparentemente non interessa a Unicredit che, come emerso nello stesso giorno della chiusura dell’offerta senese su Mediobanca, è scesa sotto il 2% della compagnia triestina. Secondo Bloomberg la banca guidata da Andrea Orcel continuerà a disinvestire con profitto. Unicredit ad aprile aveva dichiarato una partecipazione del 6,7%, con la quale si era presentato all’assemblea del Leone e aveva votato per la lista di minoranza presentata dal gruppo Caltagirone per il rinnovo del cda dove aveva prevalso la lista di Mediobanca. Poi aveva già ridotto la quota al 5% circa a luglio, prima di tagliarla ulteriormente e scendere sotto la soglia rilevante.L'articolo Montepaschi all’86% di Mediobanca. Eredi Del Vecchio primi soci, seguono Caltagirone e il Tesoro proviene da Il Fatto Quotidiano.