Nucleare, il pasticcio in un file Excel ferma la fusione. E la lobby ora invoca la “comunicazione aggressiva”

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“Scendere nell’arena, arrivare nei gangli della società. Anche in modo aggressivo”. È così che l’industria nucleare italiana immagina il proprio futuro. Le parole sono di Stefano Monti, presidente dell’Associazione Italiana Nucleare, pronunciate il 12 dicembre durante un seminario online seguito da poche decine di persone e che oggi raccoglie una cinquantina di like. Non un lapsus, ma una linea strategica: alla spinta tecnologica va affiancata una spinta comunicativa, territoriale, capillare. Convincere il Paese, prima ancora che costruire gli impianti.La coincidenza temporale è rivelatrice. Mentre Monti invita a “scendere nell’arena” e a dotarsi di “finanziamenti adeguati” per una comunicazione più aggressiva, il governo accelera sull’incardinamento del disegno di legge sul nucleare “sostenibile”, promettendo una nuova stagione di cantieri e rilancio industriale. Ma nello stesso momento, uno dei progetti simbolo di questa strategia si arena davanti al Tar per un errore di Excel.Il caso è quello del Dtt, il Divertor Tokamak Test in costruzione a Frascati, impianto sperimentale sulla fusione nucleare indicato come pilastro della filiera nazionale e ponte tecnologico verso Iter, il grande reattore internazionale in costruzione in Francia. Un progetto finanziato con fondi europei, caricato di valore scientifico e politico, che oggi rischia ritardi pesanti per un corto circuito amministrativo.La gara da 25,8 milioni di euro per la realizzazione della “vacuum vessel”, il cuore dell’impianto, è stata aggiudicata a un raggruppamento sudcoreano guidato da EnableFusion Inc. Le aziende italiane Walter Tosto e Simic hanno impugnato l’esito davanti al Tar del Lazio, che il 16 luglio 2025 ha sospeso l’intera procedura fino al giudizio di merito, fissato per domani. Nelle carte i giudici parlano di “evidenti disallineamenti” nelle tabelle comparative dei costi: voci finite nelle colonne sbagliate, calcoli che alterano la valutazione dell’offerta economica.Non solo. Il tribunale ha bocciato il tentativo della stazione appaltante — Dtt S.C.A.R.L., partecipata da Enea — di correggere l’errore in corsa con una rivalutazione successiva delle offerte, definendola una “supplenza impropria”. Risultato: appalto congelato, procedura da riesaminare, tempi che si allungano.Nel ricorso le aziende italiane sottolineano anche un altro elemento sensibile: il raggruppamento sudcoreano dichiara costi del lavoro nettamente inferiori a quelli previsti dai contratti collettivi italiani. Un vantaggio competitivo che incide sull’offerta economica ma che, applicato a un’infrastruttura ad altissima complessità tecnologica, apre interrogativi non marginali. Sulle gare al massimo ribasso, sulla tenuta industriale della filiera e sulla gestione di tecnologie strategiche affidate a soggetti extraeuropei, pur in presenza di finanziamenti comunitari.È qui che la retorica del “sovranismo tecnologico” si scontra con la realtà. Mentre la politica accelera sul ddl e l’industria invoca una narrazione muscolare per “arrivare nei gangli della società”, la gestione concreta di un progetto bandiera mostra crepe evidenti. Tanto più se si considera che, secondo quanto evidenziato nel ricorso, il raggruppamento vincitore sarebbe “molto vicino ai vertici del progetto Iter”, un dettaglio che in una partita da milioni di euro alimenta interrogativi su conflitti di interesse e governance.Il tutto si innesta su un altro nodo mai sciolto: quello delle scorie radioattive. L’Italia non ha ancora individuato il sito del deposito nazionale per i rifiuti nucleari del passato, che restano in sistemazioni provvisorie. Eppure, come se questo problema fosse archiviato, un recente studio europeo di mappatura individua oltre 900 aree potenzialmente compatibili per future centrali a fusione, di cui 196 in Italia, riaprendo il fronte delle scelte territoriali e del consenso locale.Da un lato, dunque, la filiera che chiede di “scendere nell’arena” con una comunicazione più aggressiva per accompagnare la nuova stagione del nucleare. Dall’altro, un appalto strategico che si ferma per un errore di incolonnamento, mettendo in discussione affidabilità, tempi e capacità amministrativa. Prima ancora di convincere gli italiani, forse il sistema dovrebbe dimostrare di saper governare procedure, conti e responsabilità. Perché nel nucleare anche un errore di Excel può diventare un problema politico.L'articolo Nucleare, il pasticcio in un file Excel ferma la fusione. E la lobby ora invoca la “comunicazione aggressiva” proviene da Il Fatto Quotidiano.