Gedi vende La Stampa, tre cordate in corsa: c’è anche Caltagirone

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In attesa di novità riguardanti la cessione dell’intero gruppo editoriale Gedi di proprietà di Exor, holding della famiglia Agnelli-Elkann, ad Antenna, guidata dall’imprenditore greco Theodore Kyriakou, si registrano diversi interessamenti a rilevare da Gedi appunto il quotidiano La Stampa.Come riporta Professione Reporter, sono tre le cordate interessante e, anche con un pizzico di sorpresa, fra queste c’è anche quella guidata da Francesco Gaetano Caltagirone, editore de Il Messaggero. Le tre cordate sono state rivelate nel corso dell’assemblea, tenutasi il pomeriggio del 15 dicembre, della redazione della Stampa dal presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio (Forza Italia). Oltre a quella guidata da Caltagirone, fra gli interessati ci sono i veneti della Nem di Enrico Marchi, a cui Exor ha già venduto alcune testate del Nord-Est, finora considerati in posizione dominante nella trattativa, soprattutto dopo che l’imprenditore greco Kyriakou si sarebbe dichiarato interessato a La Repubblica e alle tre radio del Gruppo, ma non alla Stampa. Subito dietro ecco la cordata di imprenditori piemontesi, guidati dal costruttore Matterino Dogliani, leader di un universo industriale che va dalle Langhe fino alle grandi opere del Paese, passando per concessioni autostradali, viadotti, cantieri ospedalieri.La famiglia Dogliani è radicata a Narzole, piccolo centro del cuneese, ma con una proiezione nazionale e internazionale. Inoltre, sono presenti buoni rapporti con Matteo Salvini, vista anche una possibile futura collaborazione in vista del Ponte sullo Stretto. Da anni ormai, all’interno dell’impero di famiglia accanto al padre Matterino c’è il figlio Claudio, che ricopre la carica di amministratore delegato del gruppo. Il cuore del loro impero è Fininc, la holding di famiglia divisa in quattro macrosettori, dalle infrastrutture alle concessioni, dall’ingegneria alla finanza e alla produzione di vini.In questo quadro al terzo posto, al momento, c’è il già citato Caltagirone, che nel frattempo è indagato a Milano con il presidente di Luxottica e della holding lussemburghese Delfin, Francesco Milleri, e l’amministratore delegato di Monte dei Paschi di Siena, Luigi Lovaglio, per le ipotesi di reato di aggiogano e ostacolo alle Autorità di vigilanza in merito al maxi risiko bancario andato in scena nelle scorse settimane. Secondo gli investigatori, avrebbero concordato l’offerta pubblica di scambio da 13,5 miliardi di euro che ha permesso a Monte dei Paschi, all’epoca partecipata in maggioranza dallo Stato, di prendere il controllo di Mediobanca tra gennaio e ottobre 2025.Tornando a La Stampa, alla redazione del quotidiano torinese, il presidente Cirio ha assicurato di essere a stretto contatto con il sottosegretario all’editoria Alberto Barachini, il quale gli avrebbe raccontato di queste tre manifestazioni di interesse per l’acquisizione del giornale. Da parte sua, il Cirio auspica una soluzione che salvaguardi il carattere territoriale, e dunque regionale, del quotidiano: «Sollecitiamo il territorio, senza invasioni di campo, affinché il Piemonte non perda questo patrimonio culturale e di conoscenze».Alla stato attuale, La Stampa ha perdite annuali stimate intorno ai 12 milioni di euro con in organico oltre 170 giornalisti e una valutazione formulata da John Elkann che oscilla fra i 50 e i 60 milioni. Una prospettiva che non attrae, come detto, Antenna che però nelle scorse settimane ha avanzato un’offerta per l’intero gruppo Gedi così da accelerare la trattativa e arrivare alla fumata bianca. Poi il gruppo di Kyriakou andrebbe a sondare il mercato per i vari rami non considerati strategici, fra cui c’è La Stampa.Nel frattempo, la redazione del La Stampa rimane molto cauta, al contrario di quella di La Repubblica, ma sempre vigile in attesa delle mosse del proprio attuale editore. Intanto ieri il Comitato di redazione ha pubblicato una nota: «Sabato scorso John Elkann ha respinto l’offerta di acquisto della Juventus con un video messaggio e la precisazione che “la squadra, la nostra storia e i nostri valori non sono in vendita”. Vale per il calcio, ma non per il nostro giornale e i suoi oltre 150 anni di storia. Storia che si può serenamente svendere, senza nemmeno curarsi di capire a chi. Lo scorso 30 novembre, dopo l’assalto alla nostra redazione, anche John Elkann ha portato la sua solidarietà. Si è rivolto ai colleghi e alle colleghe parlando alla prima persona plurale, con l’inteso che proprietà, direzione e redazione fossero un tutt’uno. Menzogne. Nemmeno quindici giorni dopo è arrivata la dichiarazione ufficiale di Exor e la conferma della volontà di uscire dal settore dell’editoria. Gedi ceduta a un investitore greco, La Stampa chissà. Alla delusione si aggiungono amarezza, sconcerto e preoccupazione per i destini di lavoratori e lavoratrici. Non solo giornaliste e giornalisti, ma personale poligrafico e tecnico, amministrativo e collaboratori tutti. Posti di lavoro e vite di cui temiamo il governo non abbia troppa intenzione di farsi carico, almeno a giudicare dal palco di Atreju di ieri. La vendita del gruppo Gedi è stata menzionata dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni giusto il tempo di polemizzare con i suoi avversari politici, senza dare rassicurazioni sulle sorti di 1300 lavoratori e lavoratrici».