Cannabis, il Consiglio di Stato accoglie ricorso delle aziende: “Possono vendere l’olio di Cbd”. La battaglia giudiziaria 2 anni

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Torna legale l’olio di Cbd, ovvero il cannabidiolo, principio attivo della canapa privo di effetti stupefacenti. Il Consiglio di Stato infatti ha accolto il ricorso presentato da aziende e associazioni del settore canapiero, contro il decreto del ministro della Salute Orazio Schillaci, entrato in vigore il 27 giugno 2024. Il provvedimento inseriva le composizioni orali a base di cannabidiolo all’interno della tabella dei farmaci stupefacenti, vietandone la vendita nei cannabis shop o in erboristeria. L’acquisto dunque era consentito solo in farmacia, esibendo una prescrizione terapeutica firmata da un medico ospedaliero. E ora? L’ordinanza del Consiglio di Stato sospende il decreto Schillaci, ma resta in vigore il decreto Sicurezza. L’articolo 18 vieta la lavorazione e la vendita del fiore della canapa e dei suoi derivati, incluso il cannabidiolo. Tecnicamente dunque il Cbd resta illegale, anche se per la scienza (ad oggi) è privo di effetti psicotropi. I cannabis shop e gli altri negozi dunque possono venderlo a loro rischio e pericolo. Il mercato è promettente: 15 milioni di italiani alle prese con il dolore cronico ne sono interessati, per via delle proprietà benefiche del cannabidiolo. Molti pazienti si affidano all’olio di cbd per lenire sofferenze, senza le adeguate garanzie previste per i farmaci. Anche per questo il ministero lo ha etichettato come farmaco. D’altro canto, i pazienti ripiegano sul Cbd degli shop perché la cannabis terapeutica, in Italia, è un tritacarne burocratico e acquistarla non è semplice. Ora il Consiglio di Stato riammette le vendite senza ricetta, considerando “le esigenze di continuità aziendale e occupazionale” delle imprese del settore, poiché il “pregiudizio economico” è evidente. Insomma, i provvedimenti del governo rischiano di mettere in ginocchio un settore da 30mila lavoratori, 150 milioni di gettito fiscale e un fatturato di 500 milioni l’anno.Di sicuro, la sentenza del Consiglio di Stato lascia aperta la speranza alle aziende del settore. Il ricorso era stato presentato dall’associazione Canapa Sativa Italia e tre aziende private, per contestare la sentenza del Tar del 16 aprile 2025. Il Tribunale amministrativo aveva promosso il decreto Schillaci, dopo averlo sospeso due volte, l’11 settembre e il 24 ottobre 2024. Il semaforo verde alla stretta sul Cbd era giunto grazie ai pareri del Consiglio e dell’Istituto superiore della sanità. Mentre le sospensioni del decreto si fondavano sulla perizia del docente de La Sapienza Costantino Cialella: il prof certificò l’assenza di effetti stupefacenti dopo l’assunzione di Cbd.In ogni caso il decreto per vietare il cannabidiolo non è un’idea di Orazio Schillaci e del governo Meloni, bensì di Roberto Speranza (Pd) e del governo Conte II. Il provvedimento fu approvato e sospeso subito, nel 2020, con l’esponente dem al ministero della Salute. La singolare genesi è stata illustrata dall’ex senatore del Movimento 5 Stelle Matteo Mantero: “Il decreto arrivava dall’ufficio stupefacenti, io e altri parlamentari ne abbiamo subito sottolineato l’insensatezza per una sostanza priva di effetti psicoattivi. Abbiamo minacciato di far mancare il numero legale in Aula per altri provvedimenti e poco dopo è stata annunciata la sospensione del decreto Speranza”. Ma ad agosto 2023, il nuovo ministro meloniano revoca la sospensione ed il provvedimento entra in vigore. Ad ottobre 2023 la prima bocciatura del Tar. Ma Schillaci resuscita il decreto con un testo fotocopia, il 27 giugno 2024, allegando i pareri del Consiglio e dell’Istituto superiore della sanità. Le imprese della canapa ricorrono al Tar e incassano prima la sospensione del decreto (l’11 settembre e il 24 ottobre 2024), infine il via libera (il 17 aprile). Ora l’ennesima svolta: il Consiglio di Stato ordina di nuovo la sospensione del decreto Speranza-Schillaci. Udienza fissata il 7 maggio 2026.L'articolo Cannabis, il Consiglio di Stato accoglie ricorso delle aziende: “Possono vendere l’olio di Cbd”. La battaglia giudiziaria 2 anni proviene da Il Fatto Quotidiano.