In manovra spunta la ritenuta dell’1% sui pagamenti tra imprese per ridurre l’evasione. Previsto un gettito da 1,4 miliardi l’anno

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Nella manovra 2026 entra una nuova mini stretta che sulla carta dovrebbe potenziare la lotta all’evasione. Nel maxi emendamento del governo appena depositato in commissione Bilancio al Senato compare infatti una misura che punta dichiaratamente a “potenziare la base informativa disponibile per lo svolgimento delle attività di analisi del rischio” da parte dell’Agenzia delle Entrate, vale a dire l’incrocio delle informazioni presenti in tutte banche dati per selezionare i contribuenti da sottoporre a controlli, e consolidare gli effetti della riforma del fisco prevista dal Pnrr. Si tratta di un meccanismo che intercetta una quota degli incassi al momento del pagamento, attraverso una ritenuta obbligatoria operata dal committente in tutte le transazioni tra aziende.A partire dal 1° gennaio 2029, le imprese che non aderiscono al poco appetibile concordato preventivo biennale tra fisco e partite Iva e non rientrano nel regime di adempimento collaborativo riservato ai contribuenti più strutturati saranno soggetti a una ritenuta d’acconto dell’1% sui pagamenti per prestazioni di servizi e cessioni di beni nell’ambito di transazioni tra soggetti economici (B2B). Secondo la Relazione tecnica, la misura punta a contrastare sia l’occultamento al fisco di reddito imponibile (evasione smaccata) sia il (sempre più diffuso) mancato versamento delle imposte dichiarate, con un maggior gettito stimato in ben 1,4 miliardi annui, per il 60% da imprese soggette a Ires. L’aliquota è stata calibrata per non incidere sui contribuenti in regola, per i quali si tratterà solo di una anticipazione di cassa.A operare la trattenuta sarà il committente o il cliente al momento del pagamento. L’effetto finanziario immediato per l’erario sarà un’anticipazione di gettito, ma l’obiettivo principale è quello di aumentare la tracciabilità dei flussi e rafforzare la base informativa dell’amministrazione finanziaria. Come detto, il prelievo non riguarderà chi aderisce a misure di dialogo preventivo con il fisco, perché quei soggetti sono considerati già molto affidabili. Chi non accetta forme di accordo o trasparenza rafforzata con il fisco sarà invece soggetto a questo presidio automatico sugli incassi. La ritenuta non si applicherà nei casi in cui i pagamenti siano già presidiati da intermediari finanziari secondo la normativa vigente, mentre le modalità operative saranno definite da un successivo provvedimento dell’Agenzia delle Entrate.La relazione tecnica della disposizione, intitolata “Misure di contrasto agli inadempimenti in materia di imposte dirette e di imposta sul valore aggiunto”, ricostruisce gli effetti finanziari partendo dalle stime sull’evasione. Tra il 2021 e il 2023 l’ammontare medio delle fatture elettroniche business to business tra soggetti che non hanno presentato la dichiarazione dei redditi o dell’Iva è stato di circa 30 miliardi di euro l’anno, al netto dell’Iva. Applicando una ritenuta dell’1% su questi flussi, si otterrebbe un maggior gettito di circa 300 milioni annui. A questo va aggiunto il recupero legato al mancato versamento di imposte già dichiarate. Per le imprese soggette all’Ires, la relazione parte dai 1,9 miliardi di imposta dichiarata ma non versata nel 2022 e risale ai ricavi sottostanti utilizzando indicatori medi di redditività e la quota di operazioni B2B: ne deriva un gettito potenziale di circa 756 milioni l’anno. Un procedimento analogo viene applicato alla platea Irpef, con un recupero stimato in 413 milioni annui. Così, al netto delle semplici anticipazioni di cassa per i contribuenti che sarebbero stati comunque in regola, si arriva a quantificare gli effetti positivi in 1,46 miliardi l’anno a regime.L'articolo In manovra spunta la ritenuta dell’1% sui pagamenti tra imprese per ridurre l’evasione. Previsto un gettito da 1,4 miliardi l’anno proviene da Il Fatto Quotidiano.