La sicurezza è un bene pubblico e l’Italia nel 2026 può essere in prima fila. Il bilancio di Castellaneta

Wait 5 sec.

È difficile, purtroppo, trarre un bilancio positivo per il 2025 che segna il primo quarto di questo secolo considerando tutto quello che è accaduto in giro per il mondo sopratutto in campo internazionale.Nell’anno che sta per concludersi, il multilateralismo ha proseguito la sua deriva in un processo che dura ormai da diverso tempo ma che si spera non sia irreversibile.Al posto del vecchio “ordine” liberale occidentale che avevamo imparato a conoscere dopo gli accordi successivi alla seconda guerra mondiale e alla fine degli anni Novanta all’indomani della Guerra Fredda e delle guerre nella ex-Jugoslavia che sembravano aver decretato la “fine della Storia”, si sta oggi invece affermando un nuovo “disordine” internazionale.Il diritto ha ceduto il passo all’uso della forza, la democrazia ad un revival delle pulsioni autoritarie, la diplomazia alle guerre come strumento di risoluzione delle controversie internazionali così esplicitamente condannate dall’art 11 della nostra Costituzione, il dialogo alle minacce e ai ricatti, l’uso della ragione al sopruso.Transizioni che sono state rafforzate dall’affermarsi extrastatuale, insieme agli Stati più potenti che hanno gioco facile contro quelli più piccoli e dipendenti, delle grandi multinazionali (soprattutto digitali) che possono vantare livelli di Pil e di influenza (grazie al controllo delle tecnologie) superiori persino a quelle di molti Paesi del pianeta.Pensiamo ad esempio al solo Elon Musk, che si avvia ad essere il primo “trilionario” della storia dell’umanità e il cui patrimonio personale è paragonabile all’intero Pil del Belgio o della Svizzera.Insomma, questo effetto disgregante – sia in verticale come amplificatore di disuguaglianze, sia in orizzontale con un aumento della frammentazione – potrebbe portare ad un totale ripensamento dei rapporti statuali, non solo a livello internazionale ma anche interno.Intere regioni continuano ad essere scosse da conflitti, come l’Africa subsahariana dove in Congo e in Sudan proseguono le guerre civili, o in Sudest asiatico dove Thailandia e Cambogia combattono ai rispettivi confini.Per non parlare ovviamente del Medio Oriente, dove a Gaza ancora non si sa se e quando comincerà la fase 2 del percorso di pace tra Israele e Hamas, o delle propaggini orientali d’Europa dove il conflitto russo-ucraino non si è fermato nemmeno per una tregua natalizia.Del resto, negli stessi Usa la dimensione conflittuale è in aumento (con buona pace di Trump che si vanta di avere concluso otto guerre in un solo anno), con i rinnovati attacchi alla Groenlandia e al Venezuela, senza considerare le frizioni interne che ci sono in Stati federati come Texas e California.In questo scenario che sembra lasciare poco spazio all’ottimismo, come si è comportata l’Italia e quale ruolo potrebbe giocare nel 2026? Nonostante il preoccupante scenario internazionale, il giudizio può essere tutto sommato positivo.La politica estera della premier Giorgia Meloni e del ministro Antonio Tajani è stata improntata ad un atteggiamento serio e responsabile, rimanendo sia nel solco transatlantico (cosa a dire il vero non sempre facile da un anno a questa parte) e razionalmente europeista.Il governo ha saputo mantenere il sangue freddo e la barra dritta in mezzo alle tempeste che hanno scosso le relazioni internazionali, con una linea equilibrata e pragmatica, senza assecondare fughe in avanti potenzialmente rischiose come quelle caldeggiate in alcuni frangenti da Francia e Polonia.Pensiamo ad esempio a Gaza e il Medio Oriente, dove l’Europa non ha sostanzialmente avuto alcun ruolo senza riuscire a incidere sui negoziati (se non a cose ormai fatte) e limitandosi a fornire aiuti umanitari alla popolazione palestinese.L’Italia, pur consapevole della limitata influenza che poteva mettere in campo, ha saputo distinguersi nell’offrire supporto prezioso alla martoriata popolazione gazawi ed offrendo la propria disponibilità a partecipare a una futura copertura militare sul territorio.Ben più sostanzioso è stato invece il nostro contributo per quanto riguarda il sostegno all’Ucraina. La dimostrazione è arrivata settimana scorsa in occasione del Consiglio europeo con la discussione sugli asset finanziari russi immobilizzati in Belgio.La scelta di continuare a sostenere Kiev ricorrendo all’indebitamento comune è una scelta di buonsenso e politicamente lungimirante dimostrando che l’Ue, nei momenti cruciali, dimostra sempre di poter “fare quadrato”.Tra i “volenterosi”, insomma, è innegabile il merito dell’Italia nel pervenire ad un simile compromesso, che sottolinea anche un modello virtuoso – quello della cooperazione rafforzata – da riutilizzare in futuro per consentire all’integrazione europea di fare ulteriori passi in avanti.L’Ue, contando anche il Regno Unito che per fortuna si sta riavvicinando, è decisamente l’attore economico più grande al mondo in termini di Pil, superando sia Usa che Cina: è proprio vero che l’ “unione” fa la forza.L’auspicio è che la fermezza dell’Ue nel voler continuare a sostenere Kiev in nome del diritto internazionale e della pacifica coesistenza tra Stati favorisca un esito positivo dell’incontro in programma a Mar-a-Lago tra Trump e Zelensky.La speranza è che si possa elaborare un piano di pace equo, con la collaborazione di tutte le parti in causa ed in primo luogo l’Ue, che non consista nella “svendita” alla Russia del Donbass e delle altre regioni occupate ma nella condanna della aggressione e nella accettazione da parte di tutti della fine delle ostilità superando le rispettive posizioni intransigenti, affinché nel rispetto del diritto e con il sostegno della deterrenza militare possa ripetersi il miracolo degli ottanta anni di pace che fino a poco tempo fa abbiamo godutoSiamo dunque al primo “giro di boa” del XXI secolo, nella speranza che il secondo quarto che si appresta a cominciare non sia come “il secolo breve” vissuto nel Novecento.L’Europa faccia un uso corretto e virtuoso delle nuove tecnologie per migliorare le proprie capacità militari non per finalità offensive ma per combattere le tentazioni autoritarie e arrivare a paci giuste e durevoli, come ha ricordato pochi giorni fa il Presidente Sergio Mattarella. Una Difesa più forte venga vista come un’opportunità e anche come una forma allargata di welfare, un po’ come sanità e pensioni.La sicurezza è un bene pubblico al pari di salute e istruzione, specialmente in un mondo che sta diventando sempre più conflittuale.A partire dal 2026 l’Italia può essere in prima fila in questo nuovo percorso, contando anche sulla propria capacità industriale e tecnologica.