di Angelo Gambella –La Luna torna al centro della geopolitica globale. A più di cinquant’anni dall’ultima missione Apollo, la competizione per il satellite naturale della Terra è ufficialmente ripartita, ma con caratteristiche profondamente diverse rispetto alla sfida bipolare del Novecento. Oggi non è più solo un confronto tra Stati Uniti e Russia: la vera novità è l’ingresso della Cina come terzo attore, in posizione intermedia ma sempre più centrale, e secondo molti analisti come principale rivale strategico di Washington.Gli Stati Uniti, attraverso la NASA, guidano il ritorno umano sulla superficie lunare con il programma Artemis. La missione chiave, Artemis III, è attualmente prevista per la metà del 2027 e dovrebbe riportare astronauti sulla Luna per la prima volta dal 1972.L’obiettivo non è una semplice missione simbolica: Washington punta a una presenza sostenuta, in particolare nella regione del Polo Sud lunare, strategica per la possibile presenza di ghiaccio d’acqua e risorse utilizzabili in loco. Artemis rappresenta così il primo passo verso basi permanenti e, in prospettiva, verso l’esplorazione umana di Marte.Pechino procede con una strategia più discreta ma estremamente coerente. La CNSA ha annunciato l’intenzione di far allunare per la prima volta taikonauti cinesi entro il 2030.A differenza della corsa americana, il programma cinese privilegia la gradualità e l’autonomia tecnologica. L’obiettivo non è arrivare primi, ma costruire un’infrastruttura spaziale solida e indipendente. In questo contesto, la Cina emerge come il vero avversario strategico degli Stati Uniti nella nuova corsa alla Luna.La Russia, un tempo leader indiscusso dell’esplorazione spaziale, punta a tornare sulla superficie lunare tra il 2030 e il 2031. Tuttavia, il ruolo di Mosca è oggi ridimensionato. La Roscosmos affronta limiti finanziari e tecnologici che rendono sempre più necessaria la cooperazione con Pechino.Non a caso, la Russia è coinvolta come partner della Cina nel progetto della International Lunar Research Station (ILRS), una base lunare che dovrebbe diventare operativa negli anni Trenta.Uno degli elementi più rilevanti della nuova corsa lunare è l’uso dell’energia nucleare. Tutte e tre le potenze prevedono l’installazione di reattori a fissione sulla superficie lunare per alimentare le future basi.La scelta è obbligata: la notte lunare dura circa 14 giorni terrestri e rende insufficienti i soli pannelli solari. Gli Stati Uniti mirano a essere i primi a dispiegare un reattore nucleare operativo, mentre Cina e Russia pianificano una missione congiunta per fornire energia alla ILRS negli anni ’30.La nuova competizione lunare non si gioca più sulla bandiera piantata nel suolo, ma sulla capacità di restare. La Luna diventa un banco di prova tecnologico, un avamposto geopolitico e il preludio a una futura presenza umana su Marte.In questo scenario, gli Stati Uniti puntano sulla leadership e su una rete di alleanze internazionali; la Cina sulla parità strategica e sull’autosufficienza; la Russia su partnership che le consentano di non restare esclusa. La corsa alla Luna è ripartita, e questa volta non finirà con un solo allunaggio, ma con una presenza stabile nello spazio cislunare.