In quest’epoca, per citare un grande, di bassa fedeltà e altissimo volume, brutta produzione e altissimo consumo (gratuito), esistono ancora tante piccole realtà indipendenti che, tra ingenti difficoltà e notevoli dubbi, continuano ostinatamente a crederci e a far sì che il talento, le idee, le visioni di brillantissimi musicisti possano uscir fuori dal proprio studio di registrazione casalingo, dalle proprie pagine e dai propri appunti, per ritrovarsi in contesti allargati dove le esperienze si incontrano e si moltiplicano, dove nonostante tutte le difficoltà si continua a crescere.È tra queste realtà indipendenti che si colloca, svolgendo un lavoro serio e appassionato, la Barly Records di Vittorio Bartoli, atipica realtà italiana, perugina per l’esattezza, che manifesta un’attitudine ben più prossima a latitudini newyorkesi che romane o milanesi. Un’apertura, la sua, che consente a lavori d’ampio spettro stilistico di trovarvi asilo, tutti accomunati da una sola costante: la qualità. È di qualità, altissima qualità, l’ultimo lavoro, per esempio, che l’etichetta ha pubblicato del pianista jazz, senza perciò ingabbiarlo in una definizione per usi e costumi nostrani stringente, Francesco Scaramuzzino, che dopo i suoi Changes of direction e The flowing (di cui parlai a suo tempo su queste pagine), torna ora ad allietarci, turbarci, domandarsi e domandarci col suo più recente lavoro, Evening conversations, una riconferma del suo organico prediletto, il trio, in quest’ultima occasione affiancato da Alessandro Marzano alla batteria e Tommaso Pugliese al contrabbasso.Formazione prediletta, il trio, da padri nobili quali Bill Evans, ampiamente navigata da Keith Jarrett, contesto produttivo nel quale il pianoforte trova modo di esprimersi in tutte le sue infinite possibilità creative: di questo Scaramuzzino, come già precedentemente dimostrato, è fin troppo cosciente, al punto da sfociare, allora come ora, in personalissime, travagliate, brillanti riscritture dei grandi classici del più illustre passato europeo.Torna dunque a far capolino nelle sue trame sonore la musica di Johann Sebastian Bach, questa volta assecondando un approccio numerologico che il re del barocco musicale avrebbe certamente apprezzato: si intitola 14, somma delle lettere che ne compongono il nome, il brano scritto in 14/8 con cui Scaramuzzino rielabora, mantenendone solo alcuni frammenti, il Preludio in Do minore, originariamente in tempo binario, dal Clavicembalo ben temperato. Alle fitte trame cerebrali si affiancano poi ben più calde e avvolgenti atmosfere, quelle che Scaramuzzino realizza in brani come Teneramente lontano, con reminiscenze del Gerry Mulligan di Night lights, o ancora Mio sud, alto momento di lirismo in cui la storica voce del poeta Franco Costabile e quella viva e ammaliante di Michela Lombardi felicemente si incontrano.Ulteriore, recentissima uscita targata Barly Records è poi Lentacustica, splendida pagina in cui il chitarrista Carlo Baldi, coadiuvato da un insieme tanto eterogeneo di ottimi musicisti, ha trovato, dopo mille e ancor più peregrinazioni sonore, il punto in cui le influenze, le sollecitazioni, l’attitudine di uno dei più grandi chitarristi della contemporaneità, Pat Metheny, incontrano il climax, le temperature, le attese, i sogni, le malinconie del microcosmo mediterraneo. Siciliano doc, Baldi proietta così la sua terra verso orizzonti lontanissimi senza tuttavia mai, neanche per un solo istante, sganciarsi da quella tradizione che, a ben vedere, a ben udire, è il suo punto di forza maggiore: le radici. Di tutt’altro taglio e respiro, così come di tutt’altra etichetta (Irma Records), è poi un disco come Forever young, album nel quale l’italianissimo Solis String Quartet, già precedentemente abituato a collaborazioni tanto variegate quanto importanti (tra le altre Pat Metheny, Hevia, Omar Sosa e, tra gli italiani, Claudio Baglioni, Adriano Celentano, Elisa, Eugenio Finardi, Premiata Forneria Marconi, Avion Travel), si trova oggi a dar vita a una riscrittura dei grandi classici del rock con la vigorosa voce della britannica Sarah Jane Morris: ecco dunque assistere alla resurrezione, in tutt’altre vesti agghindate, di perle quali Come as you are, Back to black, Light my fire, Lythium e diversi altri, 13 in totale, capisaldi del nostro tempo in un riuscitissimo esperimento di fantastica, sorprendente riscrittura in cui mondi spesso lontani si avvicinano, si scrutano, si prendono per mano dando luogo ad assolute, rinfrescanti novità.Last, but not least, un libro di cui gli appassionati di jazz e non solo non potranno né mai dovranno fare a meno, una nuova uscita che chiude un cerchio iniziato tantissimi anni or sono da uno dei padri nobili della divulgazione musicale italiana, il compianto Adriano Mazzoletti: è infatti appena uscito, con la curatela e una fantastica introduzione di Marcello Piras, il terzo e ultimo volume, targato EDT, del suo Il jazz in Italia, quello che ai precedenti Dalle origini alle grandi orchestre e Dallo swing agli anni Sessanta aggiunge ora il tassello mancante, Dagli anni Sessanta al terzo millennio: inutile dire quali e quante informazioni, circostanze, aneddoti, spiegazioni possa il lettore trovare in pagine che raccontano non solo un pezzo della nostra storia recente, ma attraverso quel pezzo la narrano nella sua complessità. Buoni ascolti, buone letture. L'articolo C’è un’etichetta indipendente di cui voglio parlarvi: Barly Records proviene da Il Fatto Quotidiano.