Parli con Mario Cardinali, il direttore del Vernacoliere – “mensile di satira, umorismo e mancanza di rispetto in vernacolo livornese e in italiano” – e pensi subito ad Highlander. Nel senso che ne era rimasto solo uno e forse se ne va anche quello. Con una lettera-comunicato choc, qualche giorno fa l’88enne fondatore della testata più irriverente d’Italia ha annunciato lo stop alle pubblicazioni dopo il numero di novembre. Il mese dei morti.Son trascorsi dei giorni, la notizia ha fatto il giro del mondo, ma la rivelazione che si trattasse solo di uno “scherzetto” pre-Halloween non è arrivata e allora si percepisce in lontananza il rintocco funebre di una campana. Ma davvero dobbiamo preparare crisantemi e incenso? Uno dei primi a non volerlo è il sindaco di Livorno, Luca Salvetti, che si è subito mosso, ha incontrato l’editore-direttore illustrandogli l’iniziativa dal titolo Avanti Vernacoliere, un pacchetto di idee cui sono legate le speranze di salvataggio della testata.In particolare sta maturando sia la volontà di aprire una mostra permanente, sia di un’iniziativa, più urgente, ovvero un’esposizione particolare con delle esibizioni con un biglietto simbolico a un euro e la proposta di abbonamento alla testata. Insomma l’incubo chiusura potrebbe essere scongiurato.Mario Cardinali, possiamo titolare che il numero di novembre del Vernacoliere non sarà l’ultimo?Sì. Anche se con certezza non lo so. Dipende dalla risposta del pubblico. Io ho accettato la proposta del sindaco perché è la città che si muove. Questa è l’unica proposta che posso accettare, non certo quella di certi industriali che si sono offerti di entrare in società. Si tratta, tra virgolette, di ‘sciacalli in tutti i sensi’, cui commercialmente interessa solo la pubblicità che se ne può ricavare. Ma io non mi presto. Sono vissuto indipendente fino a ora, ma vi pare che proprio adesso smetto di essere quel che sono? Sarebbe triste. Tiriamo avanti finché possiamo e vediamo quel che accade. Considerata la levata di scudi contro la chiusura del Vernacoliere che si è verificata, tutti dicono di volersi mettere le mani in tasca: speriamo solo non sbaglino buco.Ma dopo il grido di dolore, qualcuno ha subito reagito, giusto?Di certo so che ricevo continuamente telefonate e email di gente pronta a contribuire con denaro. Noi lanciammo un appello già nel 2020, dopo la crisi economica e in tempo di Covid, per ottenere almeno 5mila abbonamenti. Arrivammo a 4500. Adesso abbiamo 1500 abbonati e mi basterebbe tornare ai livelli di cinque anni fa. Ma questo non è il solo problema, perché s’incrocia con la mia sopravvivenza e col fatto che non c’è nessuno che voglia di raccogliere la mia eredità. Perché alla fine conosco le leggi sulla stampa, la storia di Livorno etc. Essere editore e direttore del Vernacoliere comporta una serie di necessarie conoscenze che danno sicurezza a chi lavora per il giornale. Senza contare la disponibilità continua, la capacità di fare le locandine, che mi invento ogni volta e credetemi, non è assolutamente facile.Cosa ha pesato di più nella crisi del Vernacoliere?Col cambio epocale dell’informazione e la prevalenza del mezzo digitale, la carta non si vende quasi più. I quotidiani sono in crisi e vanno avanti con le sovvenzioni e la pubblicità. Con la dipendenza dall’Autorità, insomma. L’informazione è un sistema di comunicazione dell’Autorità, cioè di chi ha il potere. Non c’è più libertà. A cominciare dalla formazione dell’opinione, con l’imbonimento dei cervelli e l’abitudine ad accettare una verità preconfezionata. Nessuno mette più in dubbio niente. Se hai solo certezze sei solo un automa.Lei ha detto che “Non c’è più la voglia di dare fastidio ai potenti”. Quindi?“Non c’è più la voglia di capire e di opporsi. Oggi il sogno rivoluzionario non ce l’hanno più neanche gli anarchici. E non esiste più neanche lo scetticismo, che segue il dubbio e la voglia di credere. C’è solo accettazione, succube acquiescenza. Ovvero l’informazione già pronta”.E questo non la spinge ad agire in maniera ancora più decisa? Di che cosa avrebbe bisogno per poter riprendere l’azione?Innanzitutto della certezza di poter campare almeno un’altra decina di anni. Mi manca poco alla soglia dei 90.E i collaboratori? Non contano?Come no. Ma loro fanno i collaboratori e il direttore detta la linea, affronta i processi, difende il lavoro della redazione, garantisce per tutti. Io dissi di no anche a Berlusconi, che voleva comprare i diritti dell’agenda del Vernacoliere. No, la mia libertà non è in vendita.E un’edizione digitale del Vernacoliere che arriva direttamente sul cellulare?Dopo il cambio epocale dell’informazione, la seconda causa di crisi del Vernacoliere è la mancanza di vendite, unitamente ai crediti che abbiamo maturato presso i distributori e che per ora non riusciamo a riscuotere. Abbiamo provato a diventare digitali: avevamo iniziato a fare degli abbonamenti, ma subito ci hanno avvertito che il Vernacoliere era diventato vittima di pirati informatici che diffondevano i pdf del giornale senza regole. Morale, ci abbiamo rimesso 50mila euro in due anni. Mentre i giornali con pubblicità desiderano diffusioni sempre maggiori per dare più visibilità alla testata, noi no. Non ce lo possiamo permettere.In questa crisi c’entra un po’ anche il cambiamento di Livorno?Non credo che via sia una relazione diretta. Un cambiamento generale c’è, ma sotto sotto il popolo è sempre rimasto dissacrante. Forse è cresciuta la sfiducia, la presa di coscienza dell’inutilità del pensiero critico generale. Non ci sono più grandi certezze. In questi giorni sono stato invitato in diversi programmi televisivi. In uno, ‘L’aria che tira? Su La7 ho portato la locandina in cui invitavo i fascisti a ficcarsi i manganelli su per il c… e nel caso ci fossero state difficoltà li avremmo aiutati noi. Ecco, hanno capito lo spirito del Vernacoliere, la locandina è stata accettata, ma poi è emerso un finto scandalo e allora io ho detto: ma come? Vi indignate per un c… e non vi siete indignati per la strage di Gaza? Anche questo fa parte del crollo del pensiero critico. Ecco, io credo che in questi anni il Vernacoliere abbia pensato per tanta gente, recuperando l’irriverenza della livornesità, di una città che è stata un crogiolo di etnie grazie alle leggi livornine di fine Cinquecento che dava la possibilità a qualsiasi tipo di disgraziato di trasferirsi a Livorno e di liberarsi di ogni colpa”. ‹ › 1 / 19 1984 Non è reato ‹ › 2 / 19 agosto-settembre 2018 ‹ › 3 / 19 dicembre 2019 ‹ › 4 / 19 Locandina 03-2014 ‹ › 5 / 19 Locandina 03-2014 ‹ › 6 / 19 Locandina 03-2014 ‹ › 7 / 19 Giugno 2019 ‹ › 8 / 19 luglio 2020 ‹ › 9 / 19 Locandina 03-2014 ‹ › 10 / 19 maggio 1986 ‹ › 11 / 19 maggio 2018 ‹ › 12 / 19 Locandina 03-2014 ‹ › 13 / 19 novembre 2018 ‹ › 14 / 19 Locandina 03-2014 ‹ › 15 / 19 Onestà ‹ › 16 / 19 ottobre 2018 ‹ › 17 / 19 Ottobre 2021 ‹ › 18 / 19 Reagan ‹ › 19 / 19 Sovrimposta L'articolo “Vernacoliere in crisi? Dissi no a Berlusconi, lo stesso ho fatto con imprenditori-sciacalli che si offrono ora: la nostra libertà non è in vendita” | Intervista al direttore Mario Cardinali proviene da Il Fatto Quotidiano.