Negli ultimi anni, i progressi della ricerca e delle terapie oncologiche hanno migliorato in modo significativo la sopravvivenza e la qualità di vita dei pazienti. In Italia circa il 6,2% della popolazione vive con una diagnosi di tumore, di cui circa la metà guarisce. Ma il successo clinico non esaurisce la sfida, occorre infatti accompagnare la guarigione con percorsi di riabilitazione, supporto psicologico e, soprattutto, un’attenzione costante alla nutrizione, componente essenziale del benessere e dell’efficacia terapeutica. La malnutrizione, infatti, resta una delle criticità più sottovalutate nei percorsi oncologici, con ricadute importanti sia sulla risposta ai trattamenti sia sulla sostenibilità complessiva del sistema sanitario. Ne abbiamo parlato con Francesco De Lorenzo, presidente della Federazione delle associazioni di volontariato in oncologia (Favo), per approfondire i bisogni emergenti di pazienti e caregiver e le priorità per rafforzare il ruolo della nutrizione come parte integrante della cura oncologica.Qual è oggi la condizione dei pazienti oncologici in Italia e quali numeri fotografano meglio la realtà che vivono loro e i caregiver che li affiancano? Quali sono i loro bisogni emergenti?Il numero di italiani che vivono dopo una diagnosi di tumore va aumentando nel tempo. Nel 2020 erano 3,5 milioni, oggi sono 3,7 milioni e nel 2030 saranno 4 milioni, pari a quasi il 7% della popolazione italiana. L’aumento della aspettativa di vita si accompagna ad una serie di nuovi bisogni e nuovi diritti. In aggiunta al diritto alla prevenzione, alla ottimizzazione dei trattamenti terapeutici e della diagnosi precoce va obbligatoriamente assicurata la migliore qualità di vita a tutti i pazienti in tutte le fasi della malattia ivi incluse le persone guarite dal cancro. Fra i bisogni emergenti la nutrizione ricopre un ruolo cruciale in tutte le fasi del percorso di malattia – dai trattamenti alla fase cronica, fino al ritorno all’attività produttiva e alla normalità per le persone guarite. È scientificamente dimostrato che la malnutrizione – condizione di depauperamento delle riserve energetiche, proteiche e di altri nutrienti dell’organismo – compromette lo stato di salute e, nelle sue forme più gravi, comporta un aumento di morbilità e mortalità. È, almeno in parte, prevenibile e reversibile attraverso lo screening e la valutazione dello stato di nutrizione fin dal momento della diagnosi e pertanto deve essere deve essere con immediatezza rilevata per l’impatto negativo che ha sulla risposta alle terapie antitumorali, sulla qualità di vita e sulla sopravvivenza.Quali sono le iniziative promosse dalla Federazione a livello istituzionale per la diagnosi precoce della malnutrizione e per la cura della stessa?La crescente consapevolezza della rilevanza della malnutrizione in oncologia ha indotto Favo a promuovere, nel 2016, in collaborazione con l’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) e Società italiana di nutrizione artificiale e metabolismo (Sinpe), la Carta dei diritti del malato oncologico all’appropriato e tempestivo supporto nutrizionale – mirata a consentire al paziente di essere ben informato, consapevole e proattivo nel rapporto con l’oncologo e con il medico di medicina generale. Tale Carta ha costituito un elemento portante del documento del ministero della Salute riguardante le Linee di indirizzo sui percorsi nutrizionali nei pazienti oncologici, elaborate da un gruppo di lavoro multidisciplinare composto da rappresentanti del ministero stesso, di aziende sanitarie, università, società scientifiche di settore e Associazioni di pazienti, e approvato in sede di Conferenza Stato-Regioni con Accordo del 14 dicembre 2017. Le Linee di indirizzo impongono alle Regioni e alle aziende sanitarie di garantire ai malati di cancro la valutazione tempestiva dello stato di nutrizione e la corretta gestione della terapia di supporto, partendo dal counseling nutrizionale fino all’utilizzo della nutrizione artificiale, per prevenire o a trattare efficacemente la malnutrizione. Purtroppo, dal 2017 soltanto poche Regioni hanno recepito tali indicazioni trascurando che la malnutrizione in oncologia causa oltre 30mila decessi l’anno. Tale diritto rimane ancora fortemente disatteso nonostante numerosi studi abbiano evidenziato quanto il supporto nutrizionale sia efficace sul piano terapeutico e vantaggioso dal punto di vista economico.Conosce esperienze virtuose sul nostro territorio che potrebbero fungere da modello per il resto del Paese? Cosa possiamo imparare da questi esempi e come portarli all’attenzione delle istituzioni? Regione Lombardia ha sviluppato un percorso nutrizionale strutturato e completo. Si parte dalla valutazione del fabbisogno del paziente, si definisce un piano personalizzato e si prescrivono gli alimenti a fini medici speciali in modo appropriato, con controlli e monitoraggio dei risultati. Questo garantisce qualità, appropriatezza e anche sostenibilità economica, evitando sprechi e prescrizioni non pertinenti. Altro esempio virtuoso è rappresentato dal Piemonte: nell’ambito della sua esemplare Rete oncologica regionale ha attivato procedure e servizi per il supporto nutrizionale dalla diagnosi e per tutto il percorso terapeutico assicurando, con prescrizione degli specialisti, l’accesso gli alimenti a fini medici speciali in modo appropriato.Guardando al quadro complessivo, su quali direttrici ritiene oggi prioritario muoversi per colmare le disuguaglianze territoriali e rafforzare il ruolo della nutrizione nel percorso oncologico?Secondo i dati di Aiom e dei principali registri internazionali, circa il 60% dei pazienti oncologici è a rischio di malnutrizione già al momento della diagnosi, con picchi che raggiungono l’80% per i tumori del distretto testa-collo o del tratto gastrointestinale superiore e il 60% per i tumori polmonari. La cachessia e la sarcopenia colpiscono fino all’80% dei malati in fase avanzata, con conseguenze drammatiche: aumento del 250% della mortalità, triplicazione delle complicanze e prolungamento significativo della durata delle degenze ospedaliere (+30%). Gli Alimenti a fini medici speciali (Afms), normati dal Regolamento Ue 2016/128, possono contribuire ad affrontare questo problema clinico e sociale.Di cosa si tratta?Tali Afms non sono semplici integratori, ma veri e propri presidi terapeutici, prescritti dal medico e spesso indispensabili per garantire la possibilità stessa di nutrirsi. Per i pazienti oncologici gli Afms rappresentano uno strumento essenziale per mantenere lo stato nutrizionale, affrontare le terapie, ridurre le complicanze legate ai trattamenti e migliorare qualità e prospettive di vita. Possono, quindi, essere paragonati a un salvavita alla stessa stregua di un farmaco. È dimostrato come gli Afms abbiano un effetto benefico sulle condizioni del paziente e il loro utilizzo possa migliorare l’esito delle cure oncologiche, favorendo la sostenibilità del Servizio sanitario nazionale. Eppure, nel nostro Paese, non sono ancora inclusi nei Livelli essenziali di assistenza (Lea) per i pazienti oncologici. Come si è detto attualmente solo in Piemonte e Lombardia si possono prescrivere gli Afms al paziente oncologico ambulatoriale, mentre in tutte le altre regioni (tranne Veneto, Lazio, Molise e Sardegna) le modalità di prescrizione ed erogazione sono altamente disomogenee (a livello di provincia, Asl, o addirittura del singolo ospedale).Quale impatto ha questa situazione sui pazienti?La maggioranza dei pazienti è costretta a sostenere interamente i costi degli Afms, che possono superare i mille euro annui. Si tratta di una grave disparità territoriale. In attesa che il prossimo aggiornamento dei Lea possa finalmente includere gli Afms per i pazienti oncologici, è auspicabile che il ministero valuti l’introduzione, possibilmente già attraverso la Legge di Bilancio 2026, di una misura temporanea di detraibilità fiscale delle spese sostenute per l’acquisto di Afms.