Alberto Santilli guida Toyota Italia dal 1° gennaio 2024, forte di un’esperienza interna che spazia tra vendite, finanza e marketing. Sotto la sua guida, il gruppo ha chiuso il 2024 con oltre 120.000 immatricolazioni e una quota di mercato del 7,7%, confermandosi tra i protagonisti del mercato nazionale. In un settore che sta cambiando rapidamente, Santilli ci parla della strategia multitecnologica del costruttore giapponese e spiega perché la strada verso la mobilità sostenibile passa da soluzioni diverse e complementari.Molti costruttori puntano solo sull’elettrico, voi invece su più tecnologie. Perché questa scelta e quali vantaggi offre davvero?“Due motivi fondamentali. Prima di tutto, Toyota ha sempre avuto ben chiaro chi è il cliente e quali sono le sue esigenze. Il cliente è al centro di tutto ciò che facciamo, fa parte del nostro DNA. In secondo luogo, siamo un’azienda globale, presente in 180 mercati con 70 stabilimenti produttivi nel mondo. Vogliamo produrre dove vendiamo, quindi è naturale per noi avere una visione globale: ci sono condizioni e bisogni molto diversi da un Paese all’altro. Se vuoi essere davvero “global”, le tecnologie che sviluppi devono essere pensate per tutti. E questo significa offrire tante automobili per tanti clienti diversi. Essere un vero player worldwide: ecco il nostro segreto”Parlate spesso di “democratizzare la transizione ecologica”. Cosa significa concretamente per chi oggi vuole acquistare un’auto elettrificata?“Significa offrire una gamma completa, senza mai perdere di vista l’obiettivo principale: il nemico da combattere è la CO₂, non una tecnologia in sé. Dobbiamo creare soluzioni che riducano le emissioni, ma devono essere accessibili sia economicamente sia nell’uso quotidiano. Un esempio concreto: a Roma le 100 mila vetture ibride a marchio Toyota in circolazione, quasi tutte full hybrid, permettono di risparmiare circa 80 mila tonnellate di anidride carbonica all’anno, un risultato che triplica l’effetto benefico dell’intero patrimonio boschivo della città. È questo che intendiamo con “democratizzazione”. Lo facciamo da anni: basti pensare all’ibrido sulla Aygo Cross, una compatta di 3,77 metri con emissioni di appena 80 g/km. Ha un impatto ambientale quasi pari a quello di un’elettrica, ma senza la spina e i suoi limiti”I costi della transizione sono alti per tutti. Oltre agli incentivi, cosa serve per facilitare davvero il passaggio alla mobilità a basse emissioni?“Da un lato si è corso troppo, dall’altro non si è considerata abbastanza la complessità dell’industria dell’auto. Così non può funzionare. Servono strategie più equilibrate e tempi realistici, che tengano conto dell’intero ecosistema industriale e delle sue peculiarità”Senza incentivi le vendite crollano, come dimostrano altri Paesi. Come può l’industria garantire un mercato stabile anche nel lungo periodo?“Il Green Deal va rivisto, soprattutto nella scelta di puntare su un’unica tecnologia. Dobbiamo proporre prodotti che possano essere guidati da tutti, senza eccezioni. Il mercato non può dipendere solo dagli incentivi: deve imparare a camminare con le proprie gambe. Le scelte troppo drastiche, come quelle fatte finora, non pagano”Guardando al prossimo decennio, quali tecnologie saranno decisive per ridurre le emissioni e rendere la mobilità più accessibile?“Il full hybrid continuerà a essere fondamentale. Poi verranno il plug-in e l’elettrico. E non dimentichiamo le fuel cell, perfette per i veicoli destinati alle lunghe percorrenze. L’idrogeno, ad esempio, può essere usato come propellente in modo molto efficace. Non bisogna escludere nulla: la chiave sarà offrire soluzioni modulari e diversificate”Dal 15 ottobre dovrebbero arrivare nuovi incentivi statali. Che impatto avranno sul mercato italiano?“Sicuramente faciliteranno l’acquisto di veicoli elettrici, ma devono essere chiari e semplici, senza troppa burocrazia. Noi, ad esempio, abbiamo proposto una campagna con incentivi da 4.000 a 8.000 euro su tutte le nostre tecnologie, senza vincoli di reddito, territorio o categoria (privati o aziende), che andrà avanti per tutto il mese di ottobre. È un’iniziativa commerciale, certo, ma concreta. Perché contribuisce a ridurre la CO₂ e rende più accessibile la mobilità sostenibile a tutti gli automobilisti italiani”Cosa dovrebbe fare, secondo lei, l’Unione Europea per sostenere il settore auto e accompagnarlo nella transizione energetica?“Prima di tutto, dovrebbe ripensare quali tecnologie possono contribuire alla riduzione delle emissioni e dare dignità a tutte, non solo a una. E poi, come ho detto, servono scadenze più realistiche e coerenti con le capacità dell’industria e del mercato”C’è qualcosa che voi costruttori avreste potuto fare prima e meglio per evitare di arrivare a questa situazione di stallo e incertezza?“Sì, la responsabilità è condivisa. Chi, come Akio Toyoda, ha espresso dubbi su una transizione troppo rapida verso l’elettrico è stato criticato, come se non fossimo capaci di costruire un’auto elettrica. L’industria ha sottovalutato l’impatto di una scelta così radicale. Sarebbe stato meglio sedersi a un tavolo e discutere insieme di diverse soluzioni per raggiungere l’obiettivo – giustissimo – della riduzione delle emissioni. In alcuni Paesi, come quelli del Nord Europa, l’elettrico funziona bene. Altrove servono alternative”Infine, quali sono le vostre previsioni per il mercato italiano a fine anno?“Vediamo un mercato stabile, intorno a 1,5 milioni di vetture. Toyota punta a confermare la sua posizione di import leader con oltre 120 mila unità tra auto e veicoli commerciali, più circa 6.000 vetture a marchio Lexus. Un risultato a cui teniamo e tendiamo”.L'articolo Toyota Italia, l’ad Santilli: “La svolta green? Passa da tante soluzioni, non da una sola” proviene da Il Fatto Quotidiano.