La nuova strategia russa tra droni, cyber-attacchi e infrastrutture critiche

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L’ultima ondata di attacchi russi in “zona grigia” – con le incursioni deliberate di droni nello spazio aereo polacco e rumeno – ha ricordato all’Europa quanto sia ancora impreparata a dissuadere e difendersi da minacce ibride. Il continente deve riconoscere urgentemente lo stato di guerra a bassa intensità in cui si trova e attrezzarsi in modo adeguato ad affrontare uno spettro di conflitti sempre più ampio.Mosca sta sperimentando nuove strategie di guerra irregolare e asimmetrica: dal continuo disturbo dei sistemi Gps civili e degli altri sistemi globali di navigazione satellitare (Gnss), fino alle pressioni economiche sulle imprese europee. Il punto cruciale è che, mentre l’Occidente tende a interpretare queste tattiche non militari come strumenti di test e non di veri conflitti, la Russia le considera parte integrante della guerra.Gli obiettivi degli attacchi ibridi russi che colpiscono deliberatamente le reti energetiche europee e le infrastrutture critiche, per esempio, sfruttando la loro natura a duplice uso, sia militare che civile, colpendo così entrambe le parti. Ma il vero rischio sta negli effetti a seguito: le possibili interruzioni delle catene di approvvigionamento, perdite economiche, e conseguenze sociali di disunità (divide et impera di Romana memoria). In un eventuale conflitto con l’Europa allargata poi, Mosca potrebbe capitalizzare le precedenti “prove generali” di guerra ibrida e amplificarne i danni. L’Unione europea deve prendere quindi sul serio queste minacce, ma resta esitante proprio perché non si presentano su un chiaro ‘fronte’ contro la Russia. L’Articolo 5 della Nato resta un deterrente saldo di fronte a un’aggressione armata diretta, ma non ancora rispetto a cyberattacchi, sabotaggi dei cavi sottomarini che trasportano energia e dati, linee ferroviarie o droni dotati di intelligenza artificiale. Il regime di Putin continua a muoversi al di sotto della soglia che farebbe scattare la clausola di difesa collettiva: eppure, già dal 2016, l’Alleanza ha dichiarato che anche gli attacchi ibridi possono attivare l’Articolo 5. Il punto debole resta la mancanza di chiarezza su procedure, tattiche e modalità operative in quei casi. In una recente intervista a Formiche, il generale Vincenzo Camporini ha chiarito che l’intensificarsi degli attacchi ibridi russi non rappresenta l’avvio di una guerra più ampia, bensì dei “crash test” mirati a logorare il sostegno occidentale all’indipendenza e alla resistenza ucraina. Non è detto che la guerra inizi come conseguenza diretta di queste azioni ibride, ma esse servono a individuare i punti deboli della corazza europea, preparando il terreno a operazioni più incisive. È lo stesso schema già visto in Crimea nel 2014, che oggi rischia di ripetersi sul Mar Baltico.In ogni caso, l’Europa non è pronta ad affrontare una guerra ibrida su larga scala, Se gli attacchi ibridi russi dovessero proseguire, l’impiego di F-16 e F-35 contro i droni Shahed si rivelerebbe economicamente insostenibile. In un conflitto più ampio – come visto nello scontro israelo-iraniano di quest’anno per esempio – l’Europa rischierebbe di consumare rapidamente costosi intercettori missilistici contro droni a basso costo, distogliendo i caccia da missioni ben più rilevanti. Gli eserciti europei restano strutturati per una guerra statica, esattamente come Mosca si aspettava al momento dell’invasione dell’Ucraina nel 2022. Ma il campo di battaglia è ormai diventato fluido e dinamico, dove flessibilità e prontezza fanno la differenza. La sfida è sviluppare contro-strategie multidimensionali in grado di affrontare minacce trasversali, che coprono l’intero spettro del potere nazionale (dall’acronimo DIMEFIL: diplomatico, informativo, militare, economico, finanziario, infrastrutturale e legale). Ciò significa puntare su nuove tecnologie, accrescere la resilienza istituzionale e sociale e rafforzare la cooperazione internazionale in ambito Nato ed Ue.L’Italia è considerata un bersaglio primario della guerra ibrida russa: quasi cinquanta cyberattacchi al mese colpiscono istituzioni e infrastrutture critiche. Tuttavia, il Paese sta muovendo passi nella giusta direzione. Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha annunciato investimenti per la creazione di un centro di studio sulla guerra ibrida, in collaborazione con università e settore privato, seguendo l’esempio di altri hub già attivi in Europa. Il nuovo Centro per la guerra ibrida avrebbe il compito di favorire la condivisione in tempo reale delle informazioni, migliorando la consapevolezza situazionale e i sistemi di allerta precoce contro possibili nuovi attacchi. Allo stesso tempo, coordinerebbe le misure di risposta tra le istituzioni nazionali e in raccordo con i partner europei e Nato, rafforzando la resilienza collettiva. Infine, integrerebbe le capacità di difesa nei processi decisionali relativi a tecnologie, infrastrutture critiche e sicurezza industriale, così da ridurre le vulnerabilità e proteggere gli asset strategici del Paese.A livello europeo, esiste dal 2016 in Finlandia un Centro di Eccellenza sulla guerra ibrida, che offre competenze specialistiche e formazione per contrastare le minacce ibride, rafforzando al contempo la cooperazione tra Ue e Nato. Sia l’Alleanza che l’Unione hanno aggiornato le proprie strategie per affrontare queste attività nella “zona grigia”: la Nato lo ha fatto dal Summit dell’Aia del 2025, l’Ue attraverso la Strategia europea per la sicurezza interna di aprile 2025. Tra le iniziative concrete rientrano anche il “muro dei droni” dell’Ue per difendere lo spazio aereo e il programma Nato Baltic Sentry, volto a proteggere le infrastrutture sottomarine critiche nel Mar Baltico. L’UE poi, oltre al muro dei droni, ha proposto atri tre progetti di Difesa Europea: l’Eastern Flank Watch, che mira a rilevare le minacce dalle operazioni ibride; l’Air Defence Shield, uno sforzo per migliorare le capacità di difesa aerea e missilistica; e il Defence Space Shield, che mira a creare un controllo spaziale per monitorare le minacce anche oltre l’atmosfera.È fondamentale quindi che le strategie nazionali, italiane e di tutti gli altri Paesi europei, siano integrate nelle strategie complessive di Ue e Nato contro la guerra ibrida, perché gli attacchi riguardano l’intero continente e richiedono una grande strategia comune. Solo una risposta europea coerente sarà in grado di deterrere, difendere e, auspicabilmente, sconfiggere il crescente numero di attacchi ibridi russi, fermando una volta per tutte la minaccia di Mosca e prevenendo che altri regimi autocratici e imperialisti, come la Cina, seguano la stessa strada.