Lunedì 6 ottobre, a un giorno dal secondo anniversario dell’attacco di Hamas a Israele e dopo gli oltre 65mila morti palestinesi di cui 20mila bambini, Israele e i miliziani cominceranno i negoziati per un piano di pace targato Usa. Donald Trump con le sue dichiarazioni appare ottimista, minaccia i terroristi e fa pressioni su Benjamin Netanyahu perché il confronto si apra a Sharm el-Sheikh già con qualche passo avanti. I negoziati, secondo l’inquilino della Casa Bianca, “stanno andando bene” e richiederanno “probabilmente un paio di giorni”. La sensazione è che ci sia un’accelerazione sullo scambio dei prigionieri, nodo cruciale per poter procedere col resto. Una fonte di Hamas ha riferito ad Al-Arabiya che il gruppo palestinese ha già iniziato a recuperare i corpi degli ostaggi deceduti, chiedendo “la cessazione dei bombardamenti per completare l’operazione”. La Croce Rossa internazionale intanto si sta attivando con alcuni incontri preparatori.Il piano per la Striscia “è un ottimo accordo per Israele… e per tutto il mondo arabo, il mondo musulmano e il mondo intero”, ha assicurato il presidente americano, lanciando sulla Cnn un monito ad Hamas, che subirà una “distruzione completa” se si rifiuterà di cedere il potere e il controllo di Gaza. Poi però, pur affermando che “non abbiamo bisogno di flessibilità perché praticamente tutti sono d’accordo”, ha lasciato intravedere un margine di mediazione: “Ci saranno sempre alcuni cambiamenti”, ha detto parlando con i reporter prima di presiedere la cerimonia a Norfolk per i 250 anni della Marina Usa. The Donald ha anche assicurato che “Bibi è d’accordo” nell’interrompere i bombardamenti a Gaza e sostenere il piano di pace Usa. Ma si capisce che ha dovuto forzargli la mano, stando ad Axios. Secondo il sito, sempre ben informato, venerdì scorso c’è stata una telefonata burrascosa tra i due, con Trump che ha strigliato il premier israeliano per aver accolto negativamente la risposta di Hamas alla proposta americana: “Non capisco perché sei sempre così fottutamente negativo. Questa è una vittoria. Accettala”.Anche il segretario di Stato Marco Rubio, che ha chiesto a Israele di fermare i bombardamenti perché “non si possono rilasciare gli ostaggi nel bel mezzo di un attacco“. Rubio ha anche spiegato che la prima fase dei negoziati in Egitto si concentrerà sulla “logistica” del rilascio dei 48 ostaggi israeliani (20 ancora in vita), in cambio di 250 ergastolani palestinesi e di 1.700 residenti di Gaza detenuti dopo il 7 ottobre. La seconda fase – il disarmo di Hamas e la governance della Striscia – sarà “più difficile”, ha ammesso. Ma i miliziani intenderebbero chiedere di collegare le due fasi, uno scenario che Israele respinge. “Finché non verrà rispettato il primo punto, il rilascio di tutti gli ostaggi, vivi e morti… non passeremo agli altri punti”, ha insistito Netanyahu.Il movimento di resistenza palestinese ha ribadito di essere “molto interessato a raggiungere un accordo per porre fine alla guerra e avviare immediatamente il processo di scambio dei prigionieri in base alle condizioni sul campo”. E sta presentando una serie di richieste, tra cui – secondo il canale saudita Asharq – il ritiro dell’Idf alle posizioni che occupava durante l’attuazione del precedente accordo di gennaio, ovvero al di fuori delle aree popolate della Striscia, nonché la sospensione per mezza giornata delle attività di caccia e droni durante il rilascio dei prigionieri e per tutta la durata dei negoziati, che potrebbero durare una settimana o più. I funzionari di Hamas hanno dichiarato che i negoziati riguarderanno anche i criteri per il rilascio dei prigionieri palestinesi, invocando il principio di anzianità (in base alla data d’arresto e all’età), che consentirebbe la liberazione di alti esponenti di Fatah, Hamas e altri gruppi, come Marwan Barghouti, Ahmad Sàadat, Ibrahim Hamed, Hassan Salameh e Abbas Sayyed. Figure che Israele non vuole scarcerare. Bibi insiste sul disarmo di Hamas e sulla smilitarizzazione della Striscia, dove Gaza City è ormai quasi vuota, con 900 mila palestinesi evacuati. Ma per ora non ha preso impegni per un ritiro militare israeliano completo, come prevede il piano di Trump. E come hanno chiesto anche gli Stati arabi e musulmani in una dichiarazione congiunta di supporto all’iniziativa del tycoon, rilanciando inoltre la prospettiva della soluzione a due Stati che Netanyahu avversa in tutti i modi. L’esito dei negoziati tra le delegazioni di Hamas e Israele dipenderà in gran parte dal pressing del team americano, guidato dall’inviato speciale per il Medio Oriente Steve Witkoff e da Jared Kushner, il genero di Trump, col supporto dei mediatori egiziani e qatarini.L'articolo Gaza – Verso i negoziati in Egitto. Trump: “Stanno andando bene”, ma minaccia Hamas e fa pressione su Netanyahu proviene da Il Fatto Quotidiano.