Ue. Alla Bce si discute di crisi finanziaria

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di Mario Lettieri e Paolo Raimondi * – “La prossima crisi finanziaria?”. Non è l’ultima sparata provocatoria di qualche Nostradamus di turno. Si tratta invece del titolo dell’Annual Research Conference della Banca centrale europea recentemente organizzata a Francoforte insieme alla Hoover Institution, un centro americano di studi economici legato alla Stanford University di California. Fa riferimento al nome del presidente Herbert Hoover, colui che volle far fronte alla crisi del 1929 con la disastrosa politica dei dazi.L’evento è stato aperto dalla governatrice della Bce, Christine Lagarde, che ha affermato che le trasformazioni e le nuove tecnologie della finanza possono presentare vecchi rischi anche se in forme differenti. Dopo la grande crisi finanziaria del 2008 tali trasformazioni hanno rimodellato l’intero sistema finanziario anche in Europa.In primo luogo vi è stata la crescita vertiginosa delle istituzioni finanziarie non bancarie (Nbfi, acronimo in inglese). Nell’area dell’euro, queste ultime – dai fondi di investimento e dalle compagnie di assicurazione ai fondi del mercato monetario e ai veicoli di cartolarizzazione – sono passate da circa il 140% del pil nel 1999 al 380% di oggi. Esse rappresentano oltre il 60% del settore finanziario dell’area dell’euro. Negli Usa, dove sono nate e cresciute, in percentuale le Nbfi sono addirittura di meno, raggiungono il 330% del pil. Quando gli allievi superano i maestri..Per quanto riguarda il tradizionale settore bancario, i suoi modelli di business sono messi alla prova dall’ascesa delle fintech e dalle stablecoin. La tecnologia amplifica sia la velocità sia la portata con cui i rischi possono materializzarsi. Inoltre, il settore bancario e quello non bancario sono anche fortemente interconnessi. Nell’area dell’euro, ad esempio, le esposizioni patrimoniali delle banche verso il settore non bancario rappresentano circa il 10% del totale delle loro attività.Lagarde ricorda gli eventi del marzo 2023, quando tre banche statunitensi fallirono in cinque giorni, e il ruolo nefasto dei social media che aiutarono a generare panico e contagio.La conferenza ha toccato vari aspetti. E’ stato persino suggerito che in momenti di crisi anche le Nbfi europee possano accedere alle garanzie e ai sostegni delle cosiddette lender of last resort, ai creditori di ultima istanza, come le banche centrali. Attualmente non tutte, ma solo le banche certificate hanno questa possibilità. Di questo passo presto qualcuno suggerirà che anche gli emittenti delle stablecoin e delle criptovalute abbiano la stessa opportunità, in quanto potenzialmente destabilizzanti per l’intero sistema.In particolare è stato evidenziato che gli interventi accomodanti, i quantitative easing, e altre forme di espansione della liquidità, nei momenti di crisi possono rendere meno severi gli stress in corso. Ma essi rischiano di gettare le basi per futuri episodi di “boom and bust”, forti crescite finanziarie seguite da crolli repentini. Lo abbiamo visto più volte negli ultimi decenni.Tanta liquidità extra da parte delle banche centrali e i tassi d’interesse bassi o bassissimi inducono a molti e nuovi indebitamenti, che possono mantenere in vita anche entità economiche cosiddette “zombie”, già decotte e in pre-fallimento. La liquidità facile è come la droga, porta a forme di dipendenza. Bassi tassi d’interesse inducono anche a cercare investimenti in asset più remunerativi ma a più alto rischio. Ciò, però, crea anche delle bolle finanziarie che presto o tardi implodono. In tal caso le misure prudenziali non funzionano più, ma servono imponenti interventi di salvataggio del sistema. Quando i mercati pensano che qualcuno interverrà a salvarli, oggettivamente si favorisce il “moral hazard”. L’azzardo irresponsabile e rischioso ha via libera.Oggi un “bust” potrebbe essere troppo grande anche per l’intervento delle banche centrali, particolarmente quando i governi sono sotto una forte pressione fiscale e non possono indebitarsi ulteriormente a piacimento. Questo è stato anche l’ammonimento del prof. Raghuram G. Rajan, già capo economista del Fmi e governatore della Banca centrale indiana.Non è nostra intenzione fare degli sconti a certe politiche negative della Bce, ma, come si può facilmente notare, il dibattito e le posizioni espresse a Francoforte cozzano duramente con i programmi monetari e finanziari del presidente Trump. A cominciare dal suo tentativo di esautorare e poi dominare la Federal Reserve, con il piano di rimpiazzare, o quasi, il dollaro con le stablecoin e le criptovalute, con la politica di bassi tassi d’interesse e, di fatto, con l’aumento del debito pubblico. Non crediamo che Francoforte possa far cambiare idea a The Donald ma, almeno, rivela il positivo tentativo di percorrere strade alternative.* Mario Lettieri, già deputato e sottosegretario all’Economia; Paolo Raimondi, economista e docente universitario.