Il Borussia Dortmund ha scelto la via dura nei confronti del proprio calciatore Felix Nmecha, centrocampista tedesco di 25 anni. Nmecha dovrà infatti da adesso concordare i propri post social con il club, che dovrà approvarli prima della pubblicazione. Il motivo? Dopo la morte di Charlie Kirk, ha pubblicato una storia di cordoglio per l’attivista conservatore statunitense e sostenitore di Donald Trump. Un messaggio che i tifosi – tramite alcuni commenti – e la stessa società non hanno preso benissimo, al punto da decidere di “controllare” il calciatore sui propri canali social.“Riposa in pace. Che giorno triste. Che il signore sia con la famiglia Kirk”, si leggeva nella storia di Nmecha seguita poi da un’altra a sfondo nero. “Gesù è la via, la verità è la vita!!! Celebrare l’assassinio di un padre di due figli, di un marito e di un uomo che difende i suoi valori e le sue convinzioni in modo pacifico è veramente malvagio e mostra quanto abbiamo bisogno ancora di più di Cristo. Possa Dio avere misericordia e aprire i nostri occhi e cuori nel nome di Gesù”.Non è la prima volta che un post di Nmecha suscita scalpore: nel 2023 – quando fu acquistato dal Borussia Dortmund – fu molto criticato per una serie di messaggi omofobi, contro i diritti LGBTQ+ e contro i valori del club. Peraltro tutti i giocatori del Borussia Dortmund hanno una clausola sul contratto che li obbliga a non violare i principi fondamentali della società. Non è la prima volta che il club giallonero prende posizione su temi simili: più di un mese fa aveva infatti obbligato il partito di estrema destra tedesco Alternative für Deutschland (Afd) a ritirare alcuni materiali elettorali che il partito stava diffondendo per le prossime elezioni locali, in quanto rimandavano ai colori gialloneri. L’identità del Borussia è infatti profondamente radicata in valori di inclusività e comunità.Ma non è nemmeno la prima volta quest’anno che i tifosi di una squadra tedesca prendono le distanze da ideologie simili di un proprio calciatore. I primi di settembre infatti anche gli ultras del Werder Brema, attraverso uno striscione, si schierarono contro Samuel Mbangula, 21enne che gli appassionati di Serie A ricorderanno senz’altro con la maglia della Juventus nella passata stagione. “Ultras dall’inferno invece di calciatori in Dio (Ballers in God). Il fondamentalismo religioso fuori dal Weserstadion”, recitava lo striscione nel match di Bundesliga contro il Bayer Leverkusen. Il motivo riguarda alcune recenti fotografie pubblicate sui social, in cui Mbangula indossava un braccialetto di Ballers in God, un’organizzazione cristiana evangelica che mira a fare proselitismo tra i calciatori e di cui anche Felix Nmecha, oltre a Davie Selke e Maxence Lacroix, farebbe parte.Cos’è “Ballers in God”, l’organizzazione religiosa fondata da calciatori“Where faith meets football”. “Dove la fede incontra il calcio”. Questa la prima frase visibile nella home del sito di Ballers in God, organizzazione evangelica cristiana fondata da John Bostock, 33enne centrocampista inglese con una lunga esperienza tra i professionisti (il più giovane esordiente della storia del Crystal Palace in Premier League) e molto vicina a Ben Fitzgerald. Quest’ultimo è un attivista cristiano, a capo del movimento evangelico Awakening Europe, noto per le sue posizioni molto conservatrici: è contrario all’aborto e fortemente ostile ai diritti della comunità LGBTQ+.A conferma dello stretto rapporto tra l’organizzazione e Fitzgerald c’è un post social di Bostock dopo la finale di Champions League tra Real Madrid e Borussia Dortmund, giocata proprio da Nmecha. Bostock era a Wembley per assistere alla finale insieme all’attivista cristiano: “Ho finalmente avuto il privilegio di incontrare un fratello che significa molto per me e per il corpo di Cristo… Ti voglio bene, Ben Fitzgerald!“, aveva scritto il fondatore di Ballers in God su Instagram, con un emblematico “@ballersingod X @awakeningeurope”.“BIGCommunity (BIG è appunto l’acronimo di Ballers in God) è un posto in cui giocatori e tifosi possono interagire e intraprendere insieme un cammino di fede. Social media, interviste in diretta e sessioni di domande e risposte permetteranno a giocatori e tifosi di iniziare questo viaggio insieme”, si legge nel sito dell’organizzazione cristiana evangelica per calciatori. In basso, nel sito, c’è un modello da compilare per aderire al progetto, in cui vanno indicate le generalità, la propria squadra di calcio e una breve descrizione.L’obiettivo: “BIGCommunity esiste per ispirare e incoraggiare i tifosi di tutto il mondo a mettere Dio al primo posto. Si tratta di una piattaforma unica creata da calciatori professionisti che permette ai tifosi di vedere come i Ballers In God conducono la loro vita e di capire come Dio ha ogni giorno un forte impatto sul loro percorso”. Attivissimi sui vari social (su Instagram la pagina vanta 650mila followers), i calciatori di Ballers in God condividono qualsiasi post X, Instagram o Facebook di calciatori famosi che fanno riferimento a Dio. Tra i loro followers anche calciatori di rilievo come Romelu Lukaku, Moise Kean o Victor Osimhen, che da tempo ormai manifestano la loro fede sui social. L’organizzazione ha anche uno shop online ufficiale in cui è possibile acquistare qualsiasi indumento o accessorio a tema calcistico personalizzato, con slogan cristiani, croci e diversi riferimenti religiosi. Il problema alla base di tutto ciò non è chiaramente la fede religiosa dei calciatori, ma quando questa sfocia nel fondamentalismo, nel proselitismo e nelle prese di posizione politiche, come insegna un precedente recente.Il precedente degli “Atleti di Cristo”Ballers in God non è la prima organizzazione cristiana evangelica che include tra i suoi membri calciatori professionisti. A metà degli anni ’80 fu fondata infatti in Brasile l’associazione degli Atleti di Cristo, che al suo interno ha accolto grandissimi campioni del calcio brasiliano. Un’associazione che nel corso degli anni è diventata così potente da influenzare anche la politica del Paese. E anche se oggi sembra non essere più sotto i riflettori rispetto a diversi anni fa, continua a crescere. Nonostante il Brasile sia tra le più grandi nazioni cattoliche del mondo, l’evangelismo infatti sta sempre più prendendo piede.Tra i primi a promuovere il movimento fu il pilota di Formula 1 Alex Dias Ribeiro, che negli anni Ottanta gareggiava con la frase “Jesus Saves” sulla carrozzeria della sua auto. In Italia il movimento ha raggiunto maggior notorietà dopo la dichiarazione di appartenenza all’associazione da parte di Kaká, ma tra gli altri giocatori che hanno aderito all’associazione ci sono il difensore Leandro Castán, l’attaccante Nenê, Radamel Falcao, David Luiz, Felipe Melo, Rubinho, Tomás Guzmán, Felipe Anderson, Nicola Legrottaglie e tanti altri. In tanti ricorderanno le maglie “I belong to Jesus” indossate dallo stesso Kakà e da Robinho. Quello è uno degli slogan dell’associazione.Ed è grazie al calcio che gli evangelici sono cresciuti in maniera esponenziale in Brasile, portando anche il presidente Jair Bolsonaro a vincere le elezioni del 2018 con il sostegno di quasi il 70% della comunità evangelica, supportato apertamente da personaggi come Neymar e Rivaldo. Un boom che permise all’ex presidente brasiliano di governare dal 2019 al 2023. Anche quando il tasso d’approvazione nazionale di Bolsonaro arrivò ai minimi in Brasile, molti calciatori, in primis Neymar, sono rimasti fedeli e sono stati visti come figure chiave per tentare di riportare appeal verso Bolsonaro.L'articolo Così il fondamentalismo religioso sta prendendo piede nel calcio: che cos’è “Ballers in God”, dai post per Charlie Kirk al caso Mbangula proviene da Il Fatto Quotidiano.