Un comportamento che “mi ha fatto sentire umiliato e discriminato. Una cosa del genere non mi era mai capitata in passato, in alcun settore, tanto meno me lo sarei aspettato da un camice bianco che dovrebbe eccellere in delicatezza ed empatia con la gente”. È lo sfogo di Enzo Speranzini Anelli che ha raccontato al quotidiano Il Messaggero quanto accaduto all’ospedale di Pescara, dove una dottoressa, compilando un referto al computer al termine di una visita nel reparto di malattie infettive, “ha pronunciato ad alta voce la frase ‘specifico paziente omosex'”.“La dottoressa aveva un atteggiamento molto distaccato che, già all’inizio, non ha messo a mio agio me né mio marito che mi accompagnava” racconta Enzo. “Quando mi è stato consegnato il referto, siamo rimasti basiti ma soprattutto contrariati”. Il certificato, dice il 61enne, “dovrà essere consegnato all’accettazione” per la terapia cui dovrà sottoporsi, e i dati rimarranno in archivio, “ogni volta che saranno consultati in futuro, apparirà il marchio ‘paziente omosex’. Mi chiedo il motivo di tutto ciò e se la dottoressa, davanti ad assistiti etero, specifichi altresì il loro orientamento sessuale”. Enzo Speranzini Anelli, che ha raccontato l’esperienza su Facebook, non vuole denunciare, ma rivolgersi ai vertici dell’ospedale.“Non vi è stata alcuna violazione della privacy del paziente. La dicitura contestata compare esclusivamente nel referto di prima visita ambulatoriale, documento strettamente personale consegnato unicamente all’interessato, come sarebbe accaduto in caso di paziente eterosessuale, senza alcuna distinzione. Tale annotazione non è presente né negli atti di accettazione né nella documentazione interna di ricovero in day hospital, utilizzata per l’accesso alle cure e per la comunicazione tra reparti” fa sapere l’Asl di Pescara.“La decisione di riportare l’informazione – si legge in una nota della Asl – è stata assunta dalla dottoressa a seguito di esplicito consenso fornito dall’interessato nel corso della visita, a favore di possibili ulteriori supporti preventivi per il paziente e il suo compagno. Si tratta di un dato anamnestico con rilievo in termini epidemiologici, in particolare per il corretto inquadramento del rischio di trasmissione di patologie sessualmente trasmesse e per la valutazione di eventuali profilassi, come la profilassi pre-esposizione”. La Asl ribadisce che “il consenso a tale notazione, alla presenza di testimoni, è stato esplicitamente richiesto e ottenuto e le persone presenti possono confermare le circostanze”. “Non vi è alcuno stigma, nessuna dispersione di dati, nessuna violazione della privacy – prosegue la nota – perché nessun dato sensibile è stato consegnato ad alcuno se non all’interessato dopo aver fornito specifico consenso verbale. Nessuna informazione sull’orientamento sessuale accompagna il paziente negli atti clinici e amministrativi relativi al suo futuro percorso di cura. L’informazione resta circoscritta al referto iniziale, in possesso esclusivo dell’interessato”.FOTO DI ARCHIVIOL'articolo “Paziente omosex sul referto”, la denuncia di un 61enne. La replica dell’Asl: “Documento riservato, nessuna violazione” proviene da Il Fatto Quotidiano.