A pochi passi dai riflettori dell’aristocratico Bernabeu e dallo sfarzo del Wanda Metropolitano c’è un quartiere – nel sud Est di Madrid – dove la modernità viene respinta. E il senso di appartenenza è una maglia bianca con un lampo rosso trasversale (la franja) che tanto ricorda il River Plate. Venticinque anni dopo l’ultima volta, il barrio popolare Puente de Vallecas riscopre l’Europa e dà il suo benvenuto alla Conference League grazie al Rayo Vallecano. Un contesto cittadino povero, operaio e antifascista per tradizione e orgoglio. Essere del Rayo è qualcosa che va oltre il risultato sportivo; a ricordarlo è uno striscione appeso vicino al Campo de Fútbol de Vallecas “Non ci interessano gli avversari, né la categoria”. Lo stadio: centro gravitazionale della fede calcistica e di una comunità che fatica ad accettare il calcio moderno. Palcoscenico dei Queen e di Bob Marley negli anni 80’, oggi si presenta come un impianto da 14mila posti (molti dei quali arrangiati su pezzi di cemento) che deve essere quantomeno ristrutturato, se non addirittura ricostruito in un’altra zona. Ma il gruppo dei Bukaneros – gruppo organizzato da sempre oppositore del regime franchista – non ci sta: “Questo è il nostro stadio, da qui non ci muoviamo”. In un calcio sempre più anestetizzato da sponsor, accordi e clausole plurimilionarie, il Rayo si muove esattamente dalla parte opposta. Raggiungendo risultati in campo, ma senza mai cambiare la propria filosofia.Lunghe code per un biglietto: l’online non esisteNon solo lo stadio. Il Rayo dimostra di vivere negli anni 80’ anche per la gestione della vendita dei biglietti. Il club madrileno, infatti, è l’unico dei cinque maggiori campionati europei a non offrire un sistema di vendita dei biglietti online. Con questo non-sistema, i tifosi non abbonati sono costretti a mettersi in fila – per ore – davanti alla biglietteria. Il recente racconto di un tifoso dice tutto: “È come vivere nel ventesimo secolo. Quando il club ci ha comunicato su Twitter, tre giorni prima della partita contro il Real Madrid, che sarebbero stati messi in vendita i biglietti, siamo venuti alle quattro del mattino per essere i primi della fila. Siamo qui da sette ore”.Spirito di solidarietàSolidarietà e unione. Due parole che riassumono al meglio la comunità e il rapporto che la la squadra ha con il barrio. Un legame testimoniato dalla turnazione dei volontari alla mensa degli indigenti. Non solo. Nel 2014 il club pagò l’affitto a Carmen Martínez Ayuso, una donna di 85 anni sfrattata dopo una vita passata nel quartiere. Niente comunicati ufficiali o foto sui social. La forza di un gesto che rende unica questa realtà.Il proprietario Martín Presa e l’idolo Isi PalazónChi invece è entrato nel cuore della gente di Vallecas è Isi Palazón: scartato da Real Madrid e Villarreal perché “non all’altezza”, decide di tornare nella sua Murcia per reinventarsi come agricoltore. Poi arriva la seconda occasione e l’opportunità di diventare il più amato nel barrio più povero. Che tanto sente suo. C’è poi un rapporto controverso tra i tifosi e il proprietario, vicepresidente del club dal 2011, Raúl Martín Presa. Le prime vere tensioni arrivano nel 2019 quando, dopo aver aumentato le quote associative per l’imminente stagione di seconda divisione, Presa viene minacciato di morte con alcune scritte fuori dallo stadio. Negli anni successivi è stato accusato di non aver investito abbastanza nella storica squadra femminile del club. Ed è stato protagonista di una denuncia di aggressione nei confronti dei rappresentanti dell’attaccante Raúl de Tomás durante le trattative per il trasferimento.“Non abbiamo Romario, qui non ci sono soldi, però a noi non importa”, cantavano gli autoctoni Ska-P – band punk spagnola – negli anni ’90. Nel quartiere in cui resiste il più alto tasso di disoccupazione di Madrid e il reddito pro capite più basso, il Rayo Vallecano è espressione operaia di una comunità che rifiuta la modernità di un calcio sempre più globalizzato. Adesso l’attende una nuova sfida, la prima, in Conference League.L'articolo Rayo Vallecano, la squadra spagnola che respinge il calcio moderno è arrivata in Europa proviene da Il Fatto Quotidiano.