La Flotilla in acque internazionali verso Gaza: «Noi seguiti da droni». L’abbandono del fotoreporter: «Si rischia il bagno di sangue, non sono un martire»

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Si è lasciata Creta alle spalle e punta dritta su Gaza la Global Sumud Flotilla, nonostante gli ultimi giorni abbiano portato diverse defezioni nei ranghi della spedizione umanitaria. «Siamo in acque internazionali. La situazione è rischiosa ma speriamo che le pressioni di questi giorni le tutelino dagli attacchi», ha commentato Maria Elena Delia, portavoce italiana del Global Movement to Gaza. «È stata una notte difficile per le condizioni del mare molto mosso. Le imbarcazioni sono state monitorate da droni che, questa volta, si sono mantenuti alti. Non ci sono stati attacchi. Sono seguite a distanza dalla fregata della Marina. L’idea è di proseguire verso la Striscia».Il timore di un attacco israeliano: «Potrebbe trasformarsi in un bagno di sangue»«C’è il rischio che possa scapparci il morto, rischia di trasformarsi in un bagno di sangue». La Flotilla ha iniziato a perdere pezzi e componenti nel periodo di tappa a Creta. La flotta ha comunque ripreso il largo in direzione della Striscia di Gaza con l’obiettivo dichiarato di «rompere il blocco navale israeliano». Uno scopo che, secondo il racconto del fotoreporter Niccolò Celesti che ha viaggiato a bordo delle imbarcazioni, è stato reso noto solo quando la navigazione era ormai iniziata: «Non dovevamo entrare nelle acque territoriali di Gaza. Dovevamo solo smuovere le coscienze del mondo attraverso questa sorta di azione provocatoria e restare in acque internazionali».Le linee rosse tradite: «Dovevamo rimanere in acque internazionali»Una divergenza di vedute, quella di Celesti e di tanti altri con il comitato organizzatore, che ha causato l’abbandono della Global Sumud Flotilla da parte di numerose persone. «Sono a Creta, tornerò in Italia. Prima di scendere dall’imbarcazione Family ho reso chiare le mie intenzioni. Non ero più allineato alle idee degli organizzatori. Vorrei essere ancora a bordo, è stato come abbandonare una montagna a pochi passi dalla vetta», ha raccontato al Corriere della Sera. Secondo il fotoreporter, infatti, «la linea rossa era ed è quella di non entrare nelle acque israeliane e nelle acque controllate da Israele, perché in quella zona la legge internazionale non funziona. Significa mettersi nelle mani di un esercito che sta compiendo un genocidio». Le vie alternative e il rifiuto della Flotilla: «Non sono qui per diventare martire»A pesare sulla volontà di Niccolò Celesti anche le parole del ministro della difesa Guido Crosetto e del presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «Se dicono di trattare perché non possono garantire la nostra incolumità, significa che il rischio è reale». E vie alternative c’erano, anzi, sono state messe per iscritto: «Ho chiesto di seguire la consegna a Cipro degli aiuti fino al confine con Gaza, insieme a qualche attivista e qualche giornalista». Ma non c’è stato niente fare: «Non mi hanno ascoltato, ma io non sono venuto qui per martirizzarmi. O meglio: non ero venuto per martirizzarmi senza razionalità». L'articolo La Flotilla in acque internazionali verso Gaza: «Noi seguiti da droni». L’abbandono del fotoreporter: «Si rischia il bagno di sangue, non sono un martire» proviene da Open.