Gaza. Trump incontra Netanyahu, ‘la pace è a portata di mano’. Ma il piano rischia di fallire in partenza

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di Enrico Oliari – Il presidente Usa Donald Trump ha ricevuto nello Studio Ovale il premier palestinese Benjamin Netanyahu per discutere della crisi di Gaza, inchiodandolo di fatto al suo piano in 20 punti, pur avvertendo Hamas che se non li rispetterà, Israele sarà libero di procedere nella sua opera di distruzione. Un piano che avrebbe visto la collaborazione nella stesura di diversi paesi europei e del mondo arabo, e che prevede la liberazione entro 72 ore dalla firma da parte di Hamas degli ostaggi (ne sarebbero in vita 48), in cambio del rilascio di 250 palestinesi condannati all’ergastolo e di 1.700 individui arrestati a seguito degli scontri successivi al 7 ottobre; l’amnistia e l’esilio volontario per i leader di Hamas; la deradicalizzazione della Striscia di Gaza; la demilitarizzazione della Striscia; l’affido dell’amministrazione di Gaza, a titolo transitorio, a un comitato di tecnici palestinesi guidati e supervisionati da un organismo internazionale (Board of Peace) con a capo l’ex premier britannico Tony Blair; nessun gazawi sarà costretto a lasciare la propria terra, potrà uscire e rientrare liberamente; i gazawi avranno la possibilità di essere coinvolti nella ricostruzione della Striscia; l’esercito israeliano si ritirerà gradualmente.Da più parti si ritiene difficile che Hamas possa accettare tale piano e quindi di venire annichilito. La Reuters ha citato Taher al-Nunu, consigliere per i media del leader politico di Hamas, per il quale “se l’occupazione finirà e sarà istituito uno Stato palestinese, allora queste armi (di Hamas, ndr) diventeranno parte dello Stato”. “Non accetteremo l’imposizione di una tutela straniera sul nostro popolo – ha insistito -, il nostro popolo è perfettamente in grado di gestire i propri affari da solo”.Tuttavia per Trump il piano “rappresenta l’unica via realistica per porre fine alle ostilità e costruire un futuro di pace”. Anche perché oltre ai molti civili palestinesi “sono morti molti soldati” israeliani.Anche il premier israeliano si è riferito al piano come ad una soluzione “pragmatica e realistica”, ed ha sottolineato la necessità di “demilitarizzare e disarmare” la Striscia ad opera di una forza internazionale. Per Netanyahu “il territorio palestinese non sarà amministrato ne’ da Hamas ne’ dall’Anp, un modello che potrebbe valere per tutta la regione”.Netanyahu ha anche auspicato che si possa procedere sulla via degli Accordi di Abramo con i paesi arabi moderati, i quali dovranno avere un ruolo attivo nell’applicazione del piano.Il grande assente dalla conferenza stampa di fine incontro è tuttavia il motivo reale alla base del conflitto palestinese, che dura ormai da decenni: la lenta ma continua erosione dei territori palestinesi. In Israele esiste una vera e propria crisi di spazi, e il governo Netanyahu ha vinto le elezioni garantendo nuovi appezzamenti per costruire case. I dati parlano chiaro: sono750mila i coloni israeliani che occupano, manu militari, i territori palestinesi, e lo scorso agosto la Knesset, cioè il Parlamento israeliano, ha votato l’annessione della Cisgiordania. In questa regione, dove Hamas non c’entra nulla, gli israeliani si stanno espandendo, ed è cronaca di questi giorni l’annuncio del ministro delle Finanze Israel Smotrich di nuovi insediamenti, in barba alle Risoluzioni Onu. Netanyahu, che quindi deve soddisfare la lobby dei palazzinari, è stato ancora più chiaro: “questo posto ci appartiene”.L’impressione che se ne trae è quindi che se non si arriverà alla costituzione di uno Stato palestinese, ovvero si stabiliranno dei confini chiari, il piano di Trump sarà solo aria fritta.