Garlasco, quando la Procura generale di Milano bocciò la pista alternativa su Andrea Sempio. Poi arrivò l’archiviazione a Pavia

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C’è un prima e un dopo nella storia giudiziaria del delitto di Garlasco sulla contestata archiviazione dell’indagine su Andrea Sempio nel marzo del 2018. Un’inchiesta, che stando alla contestazione della procura di Brescia, sarebbe stata indotta dalla corruzione dell’allora aggiunto di Pavia, Mario Venditti. Richiesta accolta dal giudice per le indagini preliminari, Fabio Lambertucci, che motivò tra l’altro con l’inconsistenza degli sforzi della difesa Stasi “tendenti a rinvenire un diverso, alternativo, colpevole dell’uccisione di Chiara Poggi“.La procura generale di MilanoCome è ormai noto fu la procura generale di Milano a trasmettere, il 20 dicembre 2016, alla procura di Pavia la denuncia della mamma di Alberto Stasi. Chiara Poggi non aveva alcuna “doppia vita” e la “versione alternativa” che indica in Andrea Sempio il suo assassino è priva di “ogni razionalità e plausibilità pratica” per la procura generale che allertava i colleghi ritenendo che anche “nell’attualità, Alberto Stasi continua a fare quello che ha sempre fatto fin dall’immediatezza dell’evento, scegliendo il modo e il momento per tentare ancora una volta di condizionare l’azione degli investigatori (in questo caso di Pavia) con informazioni peraltro già scrutinate dai precedenti giudici”, come i “dati” sulle presunte telefonate sospette di Sempio. I magistrati milanesi sottolineano anche che “i dati concernenti Sempio, a partire dalle conversazioni del 7 e 8 agosto 2007”, ossia le telefonate di lui verso casa Poggi, ritenute sospette anche nelle indagini (quelle del 2017, ndr) sull’amico del fratello di Chiara, fino “allo scontrino del parcheggio di Vigevano, sono già indicati con le stesse parole nella memoria della difesa” del 3 dicembre 2014 nell’appello bis: “informazioni già vagliate e giudicate del tutto irrilevanti” e “inidonee a consentire l’iscrizione” di Sempio.La Pg scriveva ancora che l’amico storico di Marco Poggi “viene denunciato dalla società di investigazione privata, attraverso una lettura monca ed erronea dei dati processuali”. A solo “titolo di esempio – si leggeva nell’appunto – vengono non considerate le celle Tim agganciate dai telefoni degli amici di Sempio la mattina del 13 agosto 2007, per sostenere, in modo discordante dalle loro dichiarazioni, che Roberto Freddi e Mattia Capra alle ore 10 circa” erano “già lontani da Garlasco, lasciando intendere che erano coinvolti in oscure attività di supporto a Sempio”. I “precedenti giudici hanno già valutato tali informazioni”, ritenevano i magistrati milanesi, “ritenendole prive di ogni collegamento con le risultanze processuali”.La “vita di Chiara, le sue frequentazioni, il suo ambito familiare”, si legge, tolgono “ogni razionalità e plausibilità pratica alla versione alternativa dell’amico del fratello”, quale possibile killer. Quel 7 e 8 agosto Sempio “chiama in cerca del fratello l’utenza di casa Poggi”. C’è il più “totale vuoto probatorio” su qualsiasi contatto tra i due. La Pg fa riferimenti pure alla “sistematica eliminazione di fonti di prova fondamentali” su Stasi da parte dell’allora comandante dei carabinieri di Garlasco, “maresciallo Marchetto”, condannato per aver sviato le indagini mentendo al gup di Vigevano Stefano Vitelli (che assolse Stasi in primo grado, ndr), e che ha continuato a rilasciare dichiarazioni anche negli ultimi mesi.La Corte d’appello di BresciaMentre la pm Giulia Pezzino e l’aggiunto Mario Venditti, ignorando di fatto il suggerimento della procura generale, aprivano un fascicolo il 23 dicembre, a Brescia la Corte d’appello, ricevuta dalla procura generale la stessa denuncia, emetteva un provvedimento di non luogo a procedere. Era il 24 gennaio 2017 quando i magistrati di Brescia bollarono come non contemplata dal codice di procedura penale l’iniziativa della difesa Stasi. Né la procura generale di Milano, convinta del “vuoto probatorio” su Sempio, né la difesa Stasi, che chiedeva indagini, avevano presentato una istanza di alcun tipo. Alla Corte d’Appello di Brescia non era rimasto che dichiarare il “non luogo a provvedere in ordine alla revisione della sentenza irrevocabile di condanna” a 16 anni di carcere per l’ex studente bocconiano.Nell’ordinanza si leggeva che con il deposito alla magistratura milanese delle risultanze delle indagini difensive e la richiesta di avviare una nuova inchiesta, erano stati gli stessi legali di Alberto a ritenere “come necessarie” ulteriori accertamenti sull’omicidio di Chiara, reputando “implicitamente (…) gli elementi raccolti dalla società di investigazione” da loro incaricata “non autosufficienti ai fini della revisione del processo“. Elementi che, in base alle analisi di un consulente di parte, il biologo forense Pasquale Linarello, avevano portato a sostenere la compatibilità del Dna estrapolato dalle unghie di Chiara con quello di Andrea Sempio.La stampaLa procura di Brescia contesta che Sempio fosse a conoscenza delle domande che gli sarebbe state rivolte nell’interrogatorio. Ma già il 24 dicembre del 2016 il Corriere della Sera – il giorno dopo la trasmissione del documento del pg di Milano alla procura di Pavia – aveva raccontato chi era il nuovo indagato e quali erano le contestazioni: il famoso scontrino del parcheggio di Vigevano conservato e consegnato da Sempio ai carabinieri nell’ottobre 2008; il Dna sulle unghie di Chiara Poggi che la difesa Stasi attribuiva a lui – su cui c’è attesa per il prolungamento dell’incidente probatorio ora in corso -; le telefonate a casa Poggi una settimana prima della morte della ventiseienne; la frase del Piccolo principe e l’immagine del sacrificio rupestre postate a poca distanza dalla condanna in appello di Stasi e dell’ingresso nel carcere di Bollate; il riferimento al presunto numero di scarpe di Sempio.A inizio gennaio la procura di Pavia acquisì gli atti del processo definito in Cassazione, cominciò la verifica sull’esito degli esami affidati a un biologo forense da loro nominato, Pasquale Linarello, che a differenza dei risultati della perizia disposta nel processo d’appello bis, ha portato a ritenere che il Dna estrapolato dalle unghie “perfettamente compatibile” con quello di Sempio. Consulenza poi confrontata con le conclusioni del genetista genovese Francesco De Stefano, nominato dalla Corte d’Assise d’Appello che aveva sostenuto che l’unico dato scientificamente accertato era la presenza di Dna maschile (cromosoma Y) all’interno di quanto era stato estratto mediante tecnica di “lavaggio” dal “materiale subungueale” – diversa da quella utilizzata di recente da Linarello -, cioè dai frammenti delle unghie prelevate dal cadavere. Ed è su questa base che Pavia chiese l’archiviazione accolta dal gio il 23 marzo 2027.La revisione respintaIl 24 maggio 2017 la difesa di Stasi presenta ricorso in Cassazione contro la condanna a 16 anni di carcere e un mese dopo la Cassazione lo dichiara inammissibile. Tre anni dopo il 23 giugno la difesa deposita una richiesta di revisione della sentenza di condanna, il 5 ottobre dello stesso anno il ricorso viene dichiarato inammissibile perché “cli elementi fattuali che si vorrebbero provare con le prove nuove non sono stati comunque ritenuti idonei a dimostrare, ove eventualmente accertati, che il condannato, attraverso il riesame di tutte le prove, debba essere prosciolto, permanendo la valenza indiziaria di altri numerosi e gravi elementi non toccati dalla prove nuove“.Nuovo ricorso alla suprema Corte e nuovo rigetto. Per la Cassazione “si tratta di argomentazioni infondate e, comunque adeguatamente contrastate dall’ordinanza” con la quale la Corte di appello di Brescia aveva respinto la revisione. Per la Suprema Corte, invece, le microtracce sul dispenser e i capelli erano stati già considerati e ritenuti elementi ininfluenti. Infine anche la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, lo scorso febbraio, aveva dichiarato irricevibile il ricorso con cui si chiedeva di annullare la condanna definitiva.Nel ricorso Stasi lamentava la violazione dei suoi diritti in quanto nel secondo giudizio di appello non sarebbero stati sentiti un paio testimoni su alcuni argomenti richiesti dalla sua difesa. Sul punto, la Cassazione nel 2018 aveva già rigettato un ricorso straordinario. Un mese dopo la nuova inchiesta, sugli stessi elementi vagliati da tutti i precedenti giudici, emergeva con la nuova iscrizione e le nuove indagini. Il 18 dicembre dovrebbe concludersi l’incidente probatorio che, almeno fino a questo momento, non ha portato ad alcun riscontro sulla presenza di Andrea Sempio sulla scena del crimine. Resta l’esame sulle unghie di Chiara Poggi, l’udienza è fissata al 18 dicembre.L'articolo Garlasco, quando la Procura generale di Milano bocciò la pista alternativa su Andrea Sempio. 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