Lo scontro sulle rette dei malati gravissimi in Rsa è sul tavolo della Conferenza Stato-Regioni

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Dopo la bocciatura del blitz del centrodestra per motivi contabili, il braccio di ferro sulle rette dei malati gravissimi ricoverati in Rsa si è trasferito dal Parlamento alla Conferenza Stato-Regioni. La politica, insomma, non si ferma mentre nelle aule dei tribunali continuano ad arrivare ricorsi, a volte fondati, a volte no, sulla corretta applicazione della legge da parte dei gestori delle Rsa.Nell’agenda dell’ente che riunisce Stato e Regioni c’è il costo dei servizi di cura alla persona, quelli che nei malati gravissimi possono avere valenza sanitaria, come per esempio la nutrizione del paziente che si alimenta con il sondino, ma anche la mobilizzazione di malati neurologicamente compromessi o l’igiene di persone allettate con piaghe. Il fatto che per alcuni malati i servizi socioassistenziali di questo tipo, a causa della loro gravissima patologia e/o disabilità, siano indissolubilmente connessi con le prestazioni sanitarie, è una previsione di legge spesso dibattuta, rimandando ai giudici la valutazione se è stata rispettata o meno e se il loro costo è stato o meno indebitamente caricato su malati e famiglie, invece che sulla Regione e, a cascata, sulle strutture per anziani e disabili che erogano i servizi per conto degli enti.In certi casi capire dove finisce il sanitario e inizia il socio-assistenziale è quasi impossibile. Non a caso i livelli essenziali di assistenza, invece di una categorizzazione delle prestazione voce per voce, prevedono delle spartizioni forfettarie dei costi. Per esempio per gli anziani lungodegenti non autosufficienti dividono la retta a metà tra il Servizio Sanitario e il paziente (o il Comune, se il paziente non ce la fa). E solo in quei casi specifici in cui la gravità è tale che tutte le prestazioni svolte per il paziente sono nella sostanza sanitarie, la quota a carico del paziente (o del Comune) si azzera. Tuttavia le violazioni della norma non sono una rarità, sia per la copertura al 50% che per i pochissimi che hanno diritto al 100%. Da qui i la pioggia di ricorsi che sta seminando il panico tra gestori e regioni, soprattutto in Lombardia da dove era partito il tentativo di blitz di aprile, fallito per motivi economici.La palla è così tornata in conferenza Stato-Regioni, dove c’è un accordo di massima sulla proposta del Veneto che punta a una modifica normativa che riconduca la casistica dei pazienti anziani “con diagnosi di demenza Alzheimer o altra patologia cronica” al regime di compartecipazione della spesa al 50% tra Servizio sanitario e paziente/Comune. Una proposta caldeggiata anche da Uneba Lombardia: la sezione lombarda dell’associazione dei gestori no profit di area cattolica nelle scorse settimane ha chiesto alla regione di Attilio Fontana di intervenire sul governo e in conferenza Stato regioni “per risolvere il tema della supposta gratuità del ricovero in rsa per le persone affette da Alzheimer o da altre patologie neuro degenerative”. Secondo l’associazione che in Lombardia è guidata dall’avvocato Luca Degani, “la situazione sta infatti degenerando anche a causa di comportamenti vicini allo sciacallaggio di studi legali che prospettano azioni gratuite di recupero dei costi di ricovero nelle strutture sociosanitarie” e si chiede pertanto “un chiaro intervento normativo”, pena il tracollo del Servizio sanitario nazionale.Di parere diametralmente opposto la Fondazione promozione sociale che teme “un nuovo, irragionevole attacco ai diritti dei malati non autosufficienti“. Secondo la presidentessa Maria Grazia Breda, “il presunto problema di vuoto normativo sui casi di Alzheimer che hanno diritto a rette di degenza coperte al 100 per 100 dal Ssn non esiste: la legislazione c’é ed é chiarissima“. Il riferimento è al Dpcm del 14 febbraio 2001, la base normativa degli attuali Lea, aggiornati nel 2017, che appunto prevede ricoveri coperti interamente dal Ssn quando sono erogate prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria, nelle quali sanità e assistenza sono indistinguibili. “Non conta quindi la patologia, ma il bisogno clinico del paziente. Per gli altri ricoverati, che sono la grande maggioranza, i Lea prevedono che il Ssn copra il 50 per cento della retta. Il problema che i gestori non vogliono affrontare é che le Aziende sanitarie non garantiscono questo 50 per cento a decine di migliaia di malati – denuncia Breda -. In Lombardia perché la quota sanitaria si ferma al 35 per cento circa della retta, in altre Regioni perché le Asl pagano il 50 per cento solo a una parte dei malati, lasciando gli altri senza contributo a pagare rette da 3mila euro al mese. La bufala che i pochissimi casi di sentenze che hanno riconosciuto il 100 per 100 a carico del Ssn faccia tracollare i bilanci dei gestori o delle Aziende sanitarie non sta in piedi”.L'articolo Lo scontro sulle rette dei malati gravissimi in Rsa è sul tavolo della Conferenza Stato-Regioni proviene da Il Fatto Quotidiano.